Page 342 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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L'INDUSTRIA  BELLICA  ITALIANA  DOPO  L'OTTO SETTEMBRE            341

              la  richiesta di forti  investimenti nell'economia di guerra del paese,< 27 )  al-
              l'interno di un disegno  complessivo volto  a  rendere l'Italia funzionale  al
              perseguimento degli obiettivi di guerra del Reich, che avrebbe trovato at-
              tuazione attraverso rapporti diretti tra imprese e autorità tedesche, lasciando
              sostanzialmente ai  margini  quelle  della  R.S.I.  Già alla  fine  di  novembre
              iniziarono  a  rendersi  palesi  le  prime direttive  dell'organizzazione  al  cui
              vertice era Speer, quando tutti i beni economici acquisiti vennero gestiti
              dalla Roges  (Società per il  commercio delle materie prime srl,  sottoposta
                                                                         28
              al  ministero),  operante in Italia dalla  fine  di  settembre  1943.< ) Si  apri-
              va così una più ampia prospettiva di sviluppo per l'industria bellica italiana.
                   Il che significava, come appare immediatamente evidente,  rifornire
              le truppe operanti in Italia con armamenti e beni di diverso tipo e trasfe-
              rire in Germania materie prime e prodotti, ma anche sostenere in qualche
              misura i consumi civili in Italia (e quindi assicurare l'occupazione a quo-
              te  significative  della  popolazione  attiva)  allo  scopo  di garantire l'ordine
              pubblico. Ottenere in qualche misura il consenso diveniva cioè necessario
              sia per lo sviluppo della produzione, sia per ridurre i costi dell' occupazio-
              ne.<29)  Le  autorità tedesche subito dopo l'armistizio mirarono a garantire
              il  funzionamento  delle  industrie per evitare l'opposizione sia  delle  mae-
              stranze sia degli imprenditori, anche quando le  produzioni stesse poteva-
              no  non essere di  immediato utilizzo  a  fini  strettamente bellici.  L'attività
              di alcune imprese belliche si  spiega sicuramente, cioè,  con le  preoccupa-
              zioni tedesche relative alla situazione sociale.  È noto che successivamente
              diversi comandi tedeschi, al pari di molti esponenti fascisti  di primo pia-
              no,  considerarono  i  richiami  alle  armi  un  errore,  che,  specie  nelle  zone
              ove più forti  erano le  forze  partigiane, finiva  per ingrossare le file  dei ri-
              voltosi.OO)  Anni  fa  è  intervenuto sulla  questione  Giorgio  Bocca,  riferen-
              do che il prefetto di Genova, senza comprendere come ciò rientrasse nella


              (27)  Si  trattava di  10-15 miliardi di lire per i mesi  di  novembre e dicembre  1943: cfr.
                  Akten zur deutschen auswartigen Politik 1918-1945, Gèittingen,  1969, serie E, vol.  VII,
                  documento n. 21, rapporto del6 ottobre 1943. Sulla questione si veda il promemo-
                  ria del generale Leyers pubblicato da E.  Collotti,  L 'amministrazione tedesca  dell'Italia
                  occupata,  ci t.,  p.  324-381.
              (28)  Sulla  berlinese Rohstoffhandelsgesellschaft,  si  veda  M.  Rieder, Aspetti economici  del-
                  l'occupazione tedesca in Italia,  cit., che specifica come, secondo i calcoli fatti  nel  1950
                  dal liquidatore della società, la cifra totale degli affari fatti in Italia nel periodo fino
                  alla  fine  del  conflitto  ammontasse  a  3,6  miliardi  di  RM.
              (29)  A.  Curami,  L 'industria  bellica  italiana  durante  la  R.S.l.  Miti  e realtà,  cit.
              (30)  G.  Bocca,  La repubblica  di  Mussolini,  Roma-Bari,  Laterza,  1977,  p.  258.









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