Page 404 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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GLI  INTERNATI  MILITARI  IN  GERMANIA









                                                                     FILIPPO  STEFANI



               La resistenza senza armi

                    La  resistenza  senza  armi dei  militari  italiani  rinchiusi  nei  campi di
               concentramento del  Terzo  Reich,  dopo 1'8  settembre è senza  dubbio parte
               integrante della lotta complessiva degli italiani contro l'occupazione tede-
               sca della penisola e contro il regime della repubblica sociale fascista.  Essa,
               infatti,  si  colloca  accanto  all'intervento  delle  forze  armate  regolari  nella
               campagna d'Italia degli alleati, si  alimenta di sofferenze e di dolori simili
               talvolta a  quelli inflitti ai  deportati politici e razziali condannati a morte
               violenta o a lenta agonia nei campi "KZ" ed è permanentemente congiunta
               a rischi non meno gravi di quelli che incontravano le formazioni partigia-
               ne. Essa, inoltre, ebbe una dimensione quantitativa più che doppia rispet-
               to a quella degli aJ=>partenenti alle unità delle forze armate regolari, di prima
               linea e ausiliarie, e pari ad almeno quattro quinti di quella delle forze par-
               tigiane.
                    Nonostante le  sue dimensioni, l'apporto della  resistenza senza armi
               degli  internati militari italiani nei  campi di concentramento tedeschi tal-
               volta  viene  ignorato  o  sottaciuto,  talaltra  insufficentemente  analizzato  e
               valutato,  altre  volte  non  inteso  nella  giusta  misura.
                    La  scarsa  attenzione dedicata dall'intero paese e,  in particolare, dai
               governi,  dalle  forze  politiche e  dalle  stesse  autorità militari  al  problema
               può trovare inizialmente una qualche giustificazione e motivazione nella
               generale preoccupazione di evitare il fenomeno del "reducismo", che non
               aveva lasciato un buon ricordo di sé dopo la fine del primo conflitto mon-
               diale. Ma vi fu anche un disinteresse intenzionale, non casuale, a non porre
               il problema dei reduci in generale, e quello degli ex internati in particolare,









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