Page 147 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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LE FORMAZIONI PARTIGIANE ALLA LIBERAZIONE 139
1945 Valiani le faceva ascendere a 28 000 uomini. Al congresso di Roma
Parri fece una stima di 24 000 effettivi regolari, più 11 000 sappisti e 26 000
collaboratori e ausiliari: ma in un successivo intervento limitò il numero
dei combattenti effettivi a soli 20 000.
Secondo altri documenti di provenienza azionista citati da Giovanni
De Luna (Storia del Partito d'Azione, Milano, 1982, 12-13), nel solo Pie-
monte i giellini sarebbero stati 7250 nell'agosto 1944 e 8000 in ottobre,
mentre secondo il Comando centrale delle GL piemontesi dopo l'Insurre-
zione i giellini sarebbero stati 14 692 (di cui 8347 partigiani, 2745 pa-
trioti e 3600 benemeriti). In tutto i giellini ebbero 4500 caduti, con un
tasso del 15-20%.
Le Brigate Matteotti (Comandante generale Corrado Bonfantini) van-
tarono complessivamente 22 000 tra partigiani, sappisti e benemeriti, di
cui 10 000 in Piemonte (con 738 caduti e 1353 feriti, mutilati e invalidi),
10 500 in Lombardia, di cui 190 ufficiali (con soli 130 morti e 149 feri-
ti), 1000 in Toscana e 702 nel Lazio.
Enrico Mattei sostenne che le formazioni in qualche modo legate alla
DC contavano 181 Brigate e addirittura 80 000 uomini. Esse avrebbero
avuto 2380 morti, 2939 feriti e 337 catturati, e avrebbero inflitto al ne-
mico 405 7 morti, 2631 feriti e 54 000 prigionieri.
Mattei includeva nel computo non solo le Brigate del Popolo diretta-
mente organizzata dalla DC, ma anche le formazioni autonome del Pie-
monte (in particolare i Gruppi Divisioni Mauri e Rinnovamento) e delle
altre regioni, nonché le Formazioni lombarde ''Alfredo Di Dio'', le ''Fiamme
Verdi" presenti nelle province di Como, Brescia, Bergamo, Belluno (Fel-
tre) e Reggio Emilia e le Brigate "Osoppo-Friuli" . In realtà i dati relativi
alla forza di queste tre ultime formazioni suggeriscono una forza non su-
periore a l 0-12 000 partigiani.
Il peso relativo delle varie Regioni: il caso del Piemonte
Non è possibile in questa sede svolgere le numerose considerazioni
suggerite dai dati regionali e provinciali riferiti nelle tabelle allegate. Ci
limiteremo qui ad integrarli con altre valutazioni complessive che si rife-
riscono alla regione in cui l'attività partigiana sembra essere stata più in-
tensa, o se non altro meglio documentata e studiata anche in pregevoli
recenti saggi (Maurizio Stefanini, Struttura e organizzazione del Primo Grup-
po Divisioni Alpine, Edizioni "Autonomi", Torino, 1986; Gianni Oliva, La
Resistenza alle porte di Torino, Angeli, Milano, 1989; Istituto storico della
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