Page 230 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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              si, "le questioni relative ai prigionieri di guerra italiani repubblicani-fascisti,
              fossero trattate dal Ministero degli Esteri con la Sezione Politica della Com-
              missione  Alleata''.
                   Ancora il  1°  giugno  1945, il Ministro della Guerra Casati mandava
              un  telescritto  ai  Comandi  Militari,  avvertendo  che  per  disposizione  del
              Comando Alleato tutti i prigionieri della R.S.I.  dovevano essere conside-
              rati prigionieri delle forze armate alleate, e pertanto, ovunque fossero sta-
              ti  catturati, dovevano essere consegnati ai più vicini centri statunitensi e
              britannici.
                   Il 30 giugno ]acini, appena nominato ministro alla Guerra, precisa-
              va  che il personale militare "neo-fascista" accusato di Patrècità, collabo-
              razionismo e simili reati,  doveva essere detenuto dagli italiani per essere
              giudicato  in  conformità  delle  leggi  italiane.
                   Le documentazioni esaminate non consentono di trarre definitive va-
              lutazioni sulle diversità di vedute tra alleati e italiani, circa il trattamento
              dei prigionieri repubblicani. Apparentemente, più benevolo fu l'atteggia-
              mento  dei  primi,  e  più rigido  quello  assunto  dalle  autorità  italiane.
                   Gli elementi in nostro possesso, però, se  raffrontati anche agli avve-
              nimenti successivi,  sono  contraddittori,  e non aiutano a  chiarire fino  in
              fondo  la  vicenda.  Infatti:
                  gli  alleati, che sembravano più disponibili a trattamenti "umani", di
                  fatto poi si rivelarono attenti soltanto a perseguire propri fini.  Resta-
                  no  a  dimostrazione i severi interrogatori cui sottoponevano i prigio-
                  nieri,  la  dura  distinzione  che  fecero  degli  italiani  in  loro  mano  tra
                  cooperatori  e  non  (questi  ultimi  relegati  nei  "fascist"  o  "criminal
                  camps"), la triste fama che circondò i loro campi di detenzione in Ita-
                  lia  (leggasi  Coltano);
                  le autorità italiane, apparentemente più propense a duri provvedimenti,
                  a fine guerra furono molto più concilianti delle premesse. Ricordiamo
                  l'accomodante trattamento, riservato alla maggior parte di quanti ave-
                  vano militato nella R.S.I., delle commissioni di epurazione e discrimi-
                  nazione,  che  possiamo  definire  quanto  meno  non  eccessivamente
                  pesante; le  costanti richieste agli anglo-americani perchè fossero  rila-
                  sciati i prigionieri "neo-fascisti"  e repubblicani; (9)  e l'immediata di-
                  smissione della maggior parte dei campi di prigionia situati nel territorio



              (9)  Flavio  Conti,  l  prigioneri  di  guerra  italiani  1940-1945,  Bologna,  1986.








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