Page 229 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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I SOLDATI  DELLA  R.S.I.  E LA  LORO SORTE                        221

                   Nessuna pietà veniva preannunciata, comunque, verso quei capi mi-
              litari  che  avessero  svolta  spiccata  attività  a  favore  dell'organizzazione  e
              dell'impiego  delle  forze  armate  repubblicane.
                   Sulla complessa vicenda, a maggio, si era andata innestando e sovrap-
              ponendo la posizione assunta dagli alleati. Nei colloqui tra Nesse e Mac
               Farlane del '24 a Salerno, il generale alleato faceva  presente che se  il Co-
              mando Supremo o il Governo avessero voluto assumere atteggiamenti più
               severi nei confronti dei prigionieri repubblicani, gli alleati erano disposti
               a cederli. Il 3 giugno, Alexander e Mac Farlane dichiaravano a Messe che
               repubblicani e Camicie Nere catturati dagli  alkati sarebbero stati consi-
               derati prigionieri di guerra. Lo  stesso giorno il generale L.  Browning, ca-
              po della sottocommissione alleata di controllo per l'esercito,  precisa va al
               Ministero della Guerra che tutti gli uomini in uniforme, o che risultavano
               aver  collaborato  con  il  nemico,  sarebbero  stati trattati  da  prigionieri  di
               guerra,  e  concentrati  in  campi  a  cura  dei  comandi  alleati.
                   Con una inversione di rotta maturata in pochissimi giorni, gli allea-
               ti, avocando il diritto alla detenzione dei prigionieri, in pratica sottraeva-
               no alle autorità politico-militari del Regno del Sud ogni decisione su militari
               repubblicani  e  collaboratori.
                   In  alcuni  casi,  l'atteggiamento  degli  anglo-americani  portò  a  situa-
               zioni paradossali; alla liberazione di Roma, ad esempio, gli alleati procè-
               dettero all'arresto indiscriminato di tutti i militari trovati  nella Capitale,
               per cui fu  necessario indire una Commissione valutativa per salvaguarda-
               re quanti si erano trovati in situazioni particolari (elementi autorizzati al
               doppio gioco, mutilati, medici rimasti per sprestare opera di soccorso, ecc.).

                   Inoltre, veniva lasciato insoluto, al momento, un altro aspetto dello
               stesso problema. Poiché fino ad allora tutta la discussione era ruotata in-
               torno ai  repubblicani catturati dagli alleati,  niente sembrava essere stato
               ancora deciso su quelli presi dalle truppe italiane nei territori liberati, in
               divisa o in abito civile.  Così,  almeno,  scriveva l'Ufficio  Affari vari degli
               Esteri il  5 settembre, che si  riprometteva di  "approfondire questo  parti-
               colare aspetto"  e  di  "presentare apposito  promemoria"  sull'argomento.
                   Alla fine, poiché sulla questione dei prigionieri repubblicani ognuno
               voleva dire la sua - il generale Gazzera aveva ipotizzato di rifarsi,  quale
               precedente con qualche analogia,  addirittura all'episodio di  Fiume -, il
               commodoro Stone,  capo  della  Commissione Alleata,  chiese,  nel  mese  di
               ottobre al Presidente del Consiglio Bonomi, che, al fine di evitare malinte-








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