Page 95 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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1917. La rotta di Caporetto, L’inCreduLità e L’angosCia  93

                      E Casagrande riceve dal sorridente Nane la tazza degli ospiti, in cui un bo-
                    cetto del ‘99 si annegherebbe, ed ove ondeggia un rosso mare di vino.
                      «Lori i me tira i granaton, capisse — continua Busa con una portentosa ric-
                    chezza di mimica — e un de sti mazzai de granaton el me ciapa in te la tenda.
                    In te la tenda gavevo el cofano de cancelleria, el telefono, el caratel del vin. El
                    me lassa star el cofano ch’el podeva ben andar a ramengo, con le so scartoffie,
                    el me lassa star el telefono che ‘1 ghe serve a lu, par romperme sempre l’ane-
                    ma, e nossignor, ostia, el me ciapa propri sul caratel del vin».
                      Costernazione.
                      «Ma adeso go fato far na galaria sul de drio, e in fondo a la galaria ghe
                    scondo el vin, che se i todeschi vol ciaparlo bisogna che i me tira le granate
                    col rampin che marcia a zurück».


                    4 diCembre
                      Alpini di Castelgomberto, noi lo sappiamo tutti, nevvero, che il nemico noi
                    Io abbiamo respinto, che sconvolse con le sue artiglierie le trinceette basse,
                    e tentò di sorprendere le nostre guardie. Ma il nemico ha rotti i fianchi più
                    deboli, le truppe sulla nostra destra si arrendono, siamo avvolti e minacciati
                    da tre lati.
                      È l’ora: quella che io presentivo, pur riluttante, dal mio primo giorno di
                    guerra. Pare che tutto il passato di lotta e di angosce e di sforzi confluisca
                    con enorme violenza ad un solo punto definitivo e tragico per vivere il quale
                    tutto quel passato non fu che un’attesa necessaria. È il momento in cui la vita
                    non è nulla e la madre è dimenticata e il viso di un morto ha la promessa di
                    un’uguale pace al tuo smarrimento. Ma la fontanella di sangue dalla fronte del
                    caporalmaggiore e le parole concitate del sottotenente con mozzo l’orecchio
                    s’intagliano nei sensi, afferrate con nitidezza di percezione, incasellate per il
                    ricordo eterno.
                                                         a
                      Il capitano Busa parte con tutta la 300  per tentare di chiudere il buco.
                      Ma adesso li ho addosso io.
                      E a che cosa servono questi pezzi d’artiglieria qua in mezzo? «Spari a zero,
                    spari a zero, tenente!»
                      Il tenente d’artiglieria mi guarda inebetito, non risponde, poi corre anche
                    lui come un pazzo verso il nemico.
                      «Lasci fare a me, capitano» mi dice il suo sergente. Ma il sergente lo vedo
                    dopo un attimo stecchito a terra accanto alle ruote del pezzo arrossate, e odo
                    qualcuno gridare: «gli otturatori, gli otturatori!»; e quel grigio che balena a
                    trenta metri da me son nemici, son nemici, da non chiedersi come mai siano
                    già così addosso, da urlargli contro imprecazioni senza senso, da vuotarci den-
                    tro senza mirare i caricatori della pistola.
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