Page 96 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                     Corpo a corpo. Sbalzi successivi, difesa disperata delle mitragliatrici. Sei
                  morto anche tu, vecchio Altin? Io t’invidio.
                     Ed ora, smarrito, sudato, roco, chi sa come giunto fin qui, non so se in dieci
                  minuti o in due ore, dando ordini elementari ai più vicini senza poterne con-
                  trollare l’esecuzione, contro chi impreco ora riferendo al maggiore che cosa è
                  successo della mia linea e della mia compagnia?
                     «Quei vigliacchi, quei vigliacchi» e non so dire altro.
                     Ma mi stanno attorno i miei ragazzi che hanno arretrato con me fino a qui,
                  che m’hanno ubbidito che han salvato dal disfacimento le armi e il cuore. Qui
                  bisogna fermarsi, ragazzi.
                     Intorno a Castelgomberto formiamo la linea definitiva. Di qui non debbono
                  passare più. Qui ci son penne d’alpini, perdio.
                     E il nemico cede, e si accontenta di sgranare su di noi le sue mitragliatrici.
                     Lontani, nel bosco, sempre più poveri di voci, i «Savoia!» della eroica
                  300 , che combatte la inutile lotta ineguale, che si dissolve. Ed ecco Tarchetti
                      a
                  arriva, l’adolescente meraviglioso, e ci dice che anche Busa è morto, schian-
                  tato da una pallottola in fronte, eroe sereno, gaio compagno da diciotto mesi
                  della mia guerra. Io lo invidio, stasera.
                     Ed una ragione di rabbia un poco umoristica fra il grande smarrimento
                  angoscioso: il nemico s’insedia alle nostre mense preparate, mangia il rancio
                  pronto dei nostri uomini: e noi ci tiriamo la cinghia. Ma con tiro a segno pre-
                  ciso i più imprudenti che mettono il naso fuori dalle caverne sono mandati a
                  gambe all’aria.
                     Scende la notte gelida, ventosa. Giungeranno i contrattacchi sperati? Intan-
                  to, senza cibo, senza coperte, senza ripari, tenacemente aggrappati alla monta-
                  gna, attendiamo che il nemico avanzi.


                  5 diCembre
                     Tutti gli attacchi notturni del nemico sono disperatamente respinti. I soldati
                  hanno fame e gelano nella notte rigida, ma finché le mani intirizzite reggeran-
                  no la baionetta, si colpirà.
                     Un levare di luna neghittoso sul bosco brulicante d’insidia, gemiti di feriti,
                  doloroso silenzio delle lontananze, donde si attende — invano — il grido del-
                  la riconquista. Le pattuglie inviate a cercare collegamento sulla sinistra non
                  tornano più: anche di lì c’è il nemico, che ci avvolge da tutte le parti. A tratti,
                  sghignazzano sinistri nel bosco gli spezzoni di De Simone. Dieci casse ne
                  abbiamo, dieci casse dobbiamo vuotarne sul nemico, ché la notte sia d’agonia
                  e di terrore anche per lui.
                     Con l’alba, batter di mitragliatrici su di noi, e granate fumose che pizzican
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