Page 104 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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104 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
Sempre dal fondo brevetti dell’ACS salta fuori invece l’invenzione del marzo 1924: Elmetto
o casco di sicurezza per aviatori, automobilisti, motociclisti e per l’Esercito combattente di
Vincenzo Piscopo. Il manufatto avrebbe dovuto proteggere «in caso di urti contro il terreno od
ostacoli comunque e di difesa dalle ordinarie pallottole da fucile o mitragliatrici, dalle pallette
di shrapnel e da frammenti bellici in genere». Il proponimento era disporre in modo sovrappo-
sto, a distanze concentriche, due o più calotte di sostanza resistente (ad es. acciaio, ferro, ecc.)
o elastica (ad es. legno, fibra di gomma, sostanze cornee di animali terrestri o marini, ecc.) in
modo da costituire una o più camere d’aria, atte ad attutire notevolmente gli urti o i colpi violen-
ti. La disposizione dei diversi strati di tale armatura poteva essere a spicchi, ad anelli metallici
o di cuoio, oppure a scaglie. Tra le varie calotte si sarebbe potuto disporre uno o più strati di
materiale leggero, capace di funzionare da cuscino elastico, come spugna marina, caucciù, su-
ghero, ecc.; oppure disporre un gran numero di piccole e robuste molle a spirale o a lamina, atte
ad assorbire in parte la forza d’urto e a ripartirne il residuo su un’armatura interna. 183
Tale manufatto venne assolutamente ignorato, per quanto concerne l’uso bellico della fan-
teria; però se ne può trovare qualche analogia con il successivo casco di cuoio per carristi e
motociclisti modello 35, oppure nei pionieristici studi del tenente colonnello Giovanni Battista
Lala, di cui parleremo nell’apposito paragrafo sull’Aeronautica nel prossimo capitolo.
Diversamente dai due prototipi menzionati, migliore fortuna incontrò invece la versione da
parata del modello 16. Avendo premesso, sin dai mesi successivi alla fine della guerra, un ampio
uso del copricapo da combattimento per cerimonie, riviste e parate, venne introdotta una versio-
ne con nessuna tenuta balistica, ma che conciliasse le ragioni coreografiche a quelle di praticità
e di comodità. Erano molti i militari, soprattutto gli ufficiali che si lamentavano per il supplizio
patito in termini termici e di peso, dovendo stare immobili per molto tempo.
Non se ne rintraccia una normativa apposita, ma si ritiene che a partire dai primi anni Venti
esso fosse tollerato, seguendo gli studi sul già citato modello alleggerito. Viotti così annota:
«La pessima abitudine di consentire agli ufficiali di portare in parata o nei servizi armati un
elmetto fabbricato in materiale leggero venne concessa con la circolare n° 614 del 1920, quella
che prevedeva l’elmetto come unico copricapo per i militari. Come abbiamo visto questa dispo-
sizione non venne mai attuata ma rimase la norma che consentiva agli ufficiali l’uso di questi
elmetti detti “alleggeriti” o “da parata” che continuò fino allo scoppio della guerra». 184
Mancando una regola specifica, se ne trovano di diverse tipologie, essendo di massima un
accessorio acquistato privatamente e realizzato secondo i propri gusti personali, ad uso e consu-
mo degli ufficiali o dei sottufficiali di carriera. Il mercato di riferimento trovò presso la produ-
zione privata un bacino per poter acquistare questo manufatto, rientrando spesso nella persona-
le ordinazione artigianale. L’unico vincolo che fu tacitamente espresso, in questa ampia libertà,
fu quella di far assomigliare esternamente il manufatto a quello originario da combattimento.
I materiali utilizzati furono l’alluminio, il cartone pressato e il cuoio bollito. Il primo era il
più economico e quindi più diffuso. Bossi-Nogueira cita esclusivamente la versione con bordo
di falde a spigolo vivo, ma ne vennero prodotti anche con bordo ripiegato. Alcune versioni
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furono con la calotta stampata generalmente più inclinata verticalmente, quindi bombata, men-
183 ACS, Brevetti Invenzioni, b. 342, f. 229280.
184 A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito italiano fra le due guerre 1918-1935, op. cit., tomo I, p. 484.
185 E. Bossi-Nogueira, L’elmetto Italiano 1915-1971, op. cit., p. 14; M. Gallesi, Gli elmetti da parata italiani,
«Grigioverde», n. 1, aprile 1995, pp. 10-13.

