Page 21 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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LE ORIGINI 21
Fronte, laterale e interno
dell’Adrian modello 15
(collezione dell’Autore)
Il soggolo marrone, prima di cuoio di montone e poi di pelle di capra, aveva un capo fisso e
l’altro mobile. Tramite una piccola fibbia ferrosa di colore nero a scorrimento se ne regolava la
lunghezza all’altezza delle guance. Durante la guerra gli ufficiali avrebbero adottato pure una
specie di treccia di cuoio, formata da due parti simmetriche, da legare al centro tramite ferma-
glio ad ardiglione. Il soggolo era unito alla calotta tramite un anello rettangolare per ciascuna
estremità. Ciascun supporto era fissato lateralmente da principio all’interno della cuffia e in un
secondo momento sulla giunzione delle falde metalliche. Questa ultima modifica fu introdotta,
quando si provvide a unire in maniera più solida il coprinuca con la visiera, che prima di allora
spesso si staccavano, arrecando non pochi problemi al malcapitato di turno. Per rafforzare l’or-
mai debole punto di saldatura, vennero quindi applicati due piccoli rivetti per lato, atti pure a
fissare il nuovo reggisoggolo. L’elmo pesava complessivamente dai 670 ai 750 grammi.
Nonostante l’intento iniziale fosse quello di adeguare l’elmetto all’uniforme blu chiaro da
campagna, la colorazione divenne grigio-azzurra, detta gris artillerie o bleu horizon, dalla tinta
del cannone da 75 mm. La tonalità realizzata fu una necessità, più che una scelta. Dovendo fino
ad allora la Francia importare la quasi totalità dei coloranti chimici dalla Germania, una volta
dichiarata la guerra si dovette procedere in forma autarchica. Le uniche gradazioni disponibili
per gli elmetti furono quindi l’indaco e il bianco, la cui fusione portò appunto alla futura tipica
cromia dell’Adrian. Durante la guerra furono numerose le sfumature prodotte e si tentò pure
di ovviare alla brillantezza di alcune di esse, elemento poco funzionale per evidenti ragioni

