Page 17 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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LE ORIGINI 17
Esigenze di protezione della testa: il caso francese
in dall’antichità la seppur primitiva logistica militare ha curato la protezione della testa
del soldato. Era abbastanza intuitivo che il bersaglio dei fendenti delle armi bianche
S oppure delle armi da tiro o da lancio potesse in prima battuta essere il volto e il capo
dell’avversario, così da ferirlo, tramortirlo o nella migliore delle ipotesi ucciderlo al primo col-
po. Pertanto la cura delle armi difensive diveniva altrettanto importante dello sviluppo di quelle
offensive: che il combattente fosse a cavallo, a piedi o su un carro, la necessità di preservare
alcuni tra gli organi più vitali del corpo umano imponeva la progettazione e la realizzazione di
caschi o elmi protettivi. I materiali furono i più disparati, tra i metalli e le cuoia animali. In tale
maniera, oltre a un elemento decorativo, non secondario nella coreografia scenica del conflitto,
poteva essere garantita una sufficiente capacità protettiva e di salvaguardia individuale.
La letteratura ha offerto numerose testimonianze in cui l’elmo è stato al centro di illustri
episodi storici o leggendari. Nello scontro finale dell’Iliade Ettore sfoggia il mitico elmo di
Achille, strappato al temerario e sfortunato Patroclo; il nostro inno nazionale, il Canto degli
Italiani di Goffredo Mameli, immortala invece la memoria di Scipione l’Africano, ponendo il
suo cimiero a simbolo della stessa romanità.
In questa logica l’elmo è divenuto allo stesso tempo il simbolo medesimo della prodezza
e della saggezza militare, oggetto quasi feticistico di coraggio e virtù in combattimento come
pure oggetto funebre su feretri, tombe o monumenti sepolcrali. Numerose insegne militari reca-
no infine l’elmo come simbolo di ingegno, ardimento o segno di comando.
Con questi presupposti, nel corso dei secoli l’evoluzione delle armi e dei munizionamenti
ha fatto progredire anche lo studio e l’interesse degli eserciti per questo tipo di protezione. Se
nell’antichità se ne fece un grand’uso, l’elmo venne quasi del tutto abbandonato nel periodo
dell’Alto Medio Evo, all’incirca tra le prime invasioni barbariche e l’avvio delle Crociate, dove
ritrovò una notevole considerazione. Questa centralità della protezione individuale ebbe una
gran fortuna nell’epoca del feudalesimo, fino a quando a metà dell’Età moderna, all’incirca dal
Settecento in poi, il massiccio impiego delle sempre più innovative armi da fuoco comportò
un serio riesame dei costi e dei benefici dell’impiego di elmi e caschi protettivi. In particolare,
l’Ottocento fu probabilmente il secolo dove le protezioni del capo riscossero il minor interesse
nella progettazione ed esecuzione di una guerra. Vista la necessità di allestire per ciascun Paese
un esercito molto numeroso, si tentò di indirizzare le spese verso altre priorità. Gli eserciti di
massa vennero equipaggiati di imprecisi fucili ad avancarica, da cui risultò di fatto inutile l’uti-
lizzo di protezioni troppo ingombranti o pesanti.
Solo con l’introduzione poi di armi più sofisticate, ciò comportò all’inizio del Novecento
la necessità di studiare un nuovo tipo di protezione della testa, che cambiasse radicalmente
la mentalità dei combattimenti attivo e difensivo. Rispetto alle coeve esperienze di caschi se-
mi-metallici ad uso – ormai quasi unico – di rappresentanza, la Francia fece degli studi all’epo-
ca innovativi. Partendo da analoghe e precedenti analisi, intraprese a fine Ottocento per i corpi
dei pompieri, dei corazzieri e dei dragoni, nei primi anni Dieci del nuovo secolo vennero svi-
luppati dei nuovi elmi. Se non potevano ancora essere utilizzati in un’ipotetica guerra, quanto
meno essi espressero i presupposti (forse inconsapevoli, ma necessari) per la realizzazione di

