Page 217 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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SECONDA GUERRA MONDIALE 217
Due esemplari di elmetto modello greco di preda bellica, utilizzati rispettivamente da traino animale
e dagli ufficiali medici/veterinari (collezione dell’Autore)
Nell’estate del 1940 la produzione non fu solo sospesa, ma per diversi mesi non si ebbero
i mezzi per ricominciarla. A specifica richiesta della Direzione generale d’artiglieria, il 15 ot-
tobre lo Stato Maggiore dell’Esercito espresse parere negativo a riprendere gli allestimenti.
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Il risultato di tale scelta economico-industriale fu il recupero di tutti i pezzi a disposizione, tra
cui quelli risalenti alla Grande Guerra (sia di origine francese che nazionale), oltre che nei mesi
a venire alla requisizione o riadattamento di pezzi di preda bellica, soprattutto nel contesto
dei Balcani o della Francia meridionale. Divenne quindi usuale vedere i militari italiani usare
copricapi protettivi jugoslavi, greci o francesi, visto che a tutto il 15 agosto 1942 erano stati
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recuperati e rimessi in efficienza, rispettivamente: 19.846, 11.854 e 9.677 elmetti di tali eserciti
nemici.
Di massima venne recuperata la parte metallica straniera, al cui interno veniva inserita
l’imbottitura nazionale. In altre circostanza fu impiegato direttamente l’elmetto estero, nazio-
nalizzato con una nuova tinta esterna e con l’apposizione dei relativi fregi di reparto. Questo fu
il caso del battaglione Loreto della Regia Aeronautica (di cui parleremo in un apposito paragra-
fo), che fu dotato del modello 34 cecoslovacco, sottratto dagli italiani alle formazioni militari
jugoslave (modello 39). 323
Simile considerazione può essere fatta, sempre per l’elmetto cecoslovacco-jugoslavo, nel
contesto delle Alpi marittime. Esistono diverse fotografie, che ritraggono formazioni del Regio
Esercito, aventi il suddetto copricapo metallico sia sui crinali alpini, sia in alcune parate orga-
nizzate a Mentone. In assenza di informazioni certe, può essere ipotizzato l’uso di questo tipo
321 F. Cappellano-L. Pierallini, L’elmetto mod. 33, op. cit., p. 11.
322 Viceversa si ha testimonianza di preda bellica di materiale italiano durante e dopo la guerra quanto meno per
alcuni reparti (regolari o irregolari) dei seguenti Stati: Albania Bulgaria, Grecia e Jugoslavia, oltre sparute
truppe britanniche, dislocate in Africa.
323 L’elmetto cecoslovacco modello 34 era composto da una calotta ovale d’acciaio a spiovente verso il basso,
a spigolo vivo. All’interno del guscio metallico erano fissati, per il tramite di fermagli semisferici e barrette
orizzontali, cinque cuscinetti imbottiti, legati tra loro sulla sommità, attraverso dieci forellini rinforzati, da
una fettuccia. Il soggolo di cuoio era fissato ai due lati della calotta con altrettanti fermi; si componeva di due
parti asimmetriche, legate ad ardiglione. La parte più lunga, che conteneva anche i fori di regolazione, aveva
all’altezza del mento una fessura sottile, ma allargabile, che ne garantiva un fissaggio ergonomico. Il modello
39 jugoslavo si differenziava dall’originale cecoslovacco semplicemente per l’assenza di fregi, la tonalità e
l’apposizione di alcuni marchi interni alla calotta.

