Page 303 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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Cenni sui Criteri di gestione doCumentaria nel regio eserCito 303
«segreto». Il primo poteva essere trattato da tutto il personale addetto all’ufficio,
sotto la direzione del capo ufficio; gli altri tre dovevano essere curati dal capo
ufficio o dal capo servizio. Quest’ultimi potevano valersi, nei comandi o uffici in
cui la massa documentaria era consistente, degli ufficiali o impiegati di loro
fiducia per il carteggio «riservato» e «riservato personale» e, per il livello più
elevato, dei soli ufficiali che normalmente trattavano la materia che produceva
documenti «segreti».
Questa moltiplicazione delle classifiche di segretezza aveva come effetto
naturale la maggiore parcellizzazione dell’archivio e l’aumento delle figure
responsabili della trattazione delle pratiche; circostanze in genere considerate
come elementi negativi nella gestione documentaria.
La protezione dell’assetto piramidale, caratterizzante l’istituzione militare,
emerge, in modo più esplicito rispetto alla norma del 1871, in alcuni articoli
attinenti alla corretta trasmissione delle carte, all’apposizione della firma sul
documento e alla delega di funzioni di «comando». Così, ad esempio, l’inoltro
degli atti doveva avvenire sempre per il tramite gerarchico mentre la «presa
visione» dei superiori, e la loro approvazione, doveva apparire dalle sigle messe
sulle minute. E, ancora, quando chi firmava era una persona delegata, dal titola-
re del comando o ufficio, alla comunicazione di ordini, avvisi, informazioni, ecc.,
doveva premettere, alla propria qualifica di grado o di carica, la parola «d’ordi-
ne». In caso di assunzione delle veci del titolare, mancante o assente, di un
comando o ufficio, doveva essere presente l’indicazione di «interinale», subito
dopo quella della carica. Infine, senza la «cessione di comando» chi firmava le
carte d’ufficio per il titolare doveva far precedere, all’indicazione del grado o
della carica del titolare, la parola «per» ma solo quando aveva regolare facoltà
della firma o quando, essendo improvvisamente e temporaneamente assente il
titolare, occorreva, senza indugio, dare corso a pratiche o disposizioni del
comando o dell’ufficio.
Alla diversificazione del carteggio in base alla classifica di segretezza era
correlata quella dei registri di protocollo in «ordinario», «riservato», «riservato
personale» e «segreto». La loro tenuta spettava a chi trattava le relative pratiche,
ad eccezione del protocollo «ordinario» che competeva al personale dell’ufficio
dello Stato. Soltanto l’ente originatore del documento decideva il tipo di classifica di
segretezza da attribuire e poteva «declassificare» il documento (ridurre a un livello inferiore
o eliminare la classifica). Disciplinata, nel tempo, da norme specifiche, la documentazione
con classifica di sicurezza era sottoposta a criteri di trattazione, conservazione e distruzione
differenti da quelli della documentazione «ordinaria». Per un’idea delle notizie d’interesse
militare per le quali era vietata la divulgazione si veda, ad esempio, il r.d. 28 set. 1934, n.
1728, e r.d. 11 lug. 1941, n. 1161, entrambi sul segreto militare.

