Page 337 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
P. 337
Cenni sui Criteri di gestione doCumentaria nel regio eserCito 337
88
87
e di Eugenio Casanova, rispettivamente del 1917 e del 1928 , dedicati al lavo-
ro effettuato nel 1917 da Giuseppe Galli, archivista capo della Provincia di Mila-
no, il quale, mandato «in linea avanzatissima», aveva elaborato, su richiesta dei
suoi superiori, due titolari, uno per un comando di raggruppamento d’artiglierie
d’assedio e l’altro per un comando d’artiglieria di settore.
I due autori prima di esaminare le scelte adottate da Galli si soffermano, con
pareri in parte differenti, sui requisiti funzionali necessari per la corretta tenuta
degli archivi correnti negli enti militari.
Casanova evidenzia come le norme per «ordinare» gli archivi militari non
differivano da quelle «generali» ma che, nella pratica, i primi presentavano solo
criticità a causa degli organi ai quali l’Esercito affidava la tenuta dei propri docu-
menti, giudicati privi di «cultura» e di «larghezza di vedute». Al contrario Curti
89
sostiene che, rispetto alle altre amministrazioni pubbliche , i corpi militari, per
svolgere efficacemente i loro compiti, necessitavano di precisi, e specifici, crite-
ri di organizzazione per le loro carte e il titolario era un requisito essenziale per
un «archivio di guerra». Questo perché «l’attività di un comando di campagna è
più che altro lo specchio della vita tumultuosa, brevissima, episodica di tutti i
giorni, che forma atti scritti (…) ricollegati solo dall’analogia della materia; e
(…), anche se essi vadano riuniti a formare un più ampio incarto, questo sarà così
chiaramente identificato dal suo scopo di esaurimento d’una determinata attribu-
zione dell’ufficio, da richiedere, quasi spontaneamente, la collocazione in un
quadro sistematico di funzioni». Inoltre, «vista la numerosa serie di atti consimi-
li e di località o fatti correlativi od eguali», la «classificazione ab origine» era
principali personalità e famiglie sancolombanesi e all’edizione di carteggi familiari. Nel
volume si continuerà, però, a riportare la forma del cognome utilizzata per firmare il saggio
oggetto della nostra analisi.
87
G.b. Curti, L’ordinamento del servizio archivistico corrente in un Comando al fronte, in
«Gli Archivi italiani», IV (1917), 3, pp. 154-164. Come specificato dallo stesso Curti, le
informazioni riportate nel suo intervento erano state acquisite nel corso di conversazioni e
scambi epistolari avuti con Galli.
88 Archivi militari, in e. Casanova, archivistica, Siena, Stab. arti grafiche Lazzeri, 1928 , pp.
2
246-248.
89
Per queste, che avevano «funzioni nettamente stabilite da leggi di facile conoscenza»,
Curti riteneva non essenziale la presenza di un quadro di classificazione d’archivio che
poteva anche essere sostituito da uno schedario, «rigoroso e diffuso». Oppure proponeva
di posticipare il momento della classificazione alla chiusura della pratica, nella fase
dell’archivio semiattivo. Ma, come sottolineava lui stesso, il presupposto di un simile
sistema era «la quiete dei tempi di pace», «la regolarità dei servizi civili [e] la sicurezza
della sede». Cfr. G.b. Curti, L’ordinamento del servizio archivistico…cit., p. 159.

