Page 376 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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Altra documentazione, con segni di bruciatura, veniva poi recuperata nel giu-
gno del 1945 mentre, in base a una testimonianza del col. Crescenzi, sacchi di
documenti erano stati bruciati dai partigiani dopo la Liberazione.
L’azione del nucleo clandestino dell’Ufficio storico, composto dal gen. Fran-
cesco Biondi-Morra, dal magg. Luigi Coppa, dal ten. col. Alberto Maria Ghisal-
berti, dal ten. col. Antonino Drago, dal magg. Giovanni Cardascia e dal s.ten.
medico di compl. Giuseppe Coppa, fu vitale per la salvaguardia del patrimonio
documentario dell’Esercito, parte del quale, essendo oggetto di costanti attenzio-
ni per il suo valore strategico da parte dello Stato maggiore tedesco e del Centro
di controspionaggio militare di Roma, come detto, era stato murato nel Duomo
di Orvieto e, in minima parte, riportato nella Capitale e qui occultato .
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Il gruppo cercò di «sabotare» il nuovo Ufficio storico della Repubblica socia-
le italiana che, con il supporto di alcuni appartenenti al «vecchio» Ufficio, mira-
va a impadronirsi dell’archivio per trasportarlo interamente al nord e, espressa-
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mente, di quella parte che più interessava la RSI e la Germania , che intendeva-
no valersene sia per conoscere, a scopo di rappresaglia, quanto era stato segreta-
mente divulgato dagli italiani sulle truppe e comandi tedeschi, sia per istruire il
processo dei generali a Verona. Con il nucleo «Biondi-Morra», che rimase in
costante contatto con il fronte clandestino della Resistenza, collaborarono attiva-
mente Emilia Morelli, allora vice direttrice del Museo centrale del Risorgimen-
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to , e Giuseppe Brizi, dipendente della Soprintendenza ai monumenti e alle
gallerie dell’Umbria e addetto alla custodia del patrimonio artistico di Orvieto.
Il magg. Luigi Coppa fu tratto in arresto, il 4 maggio 1944, con l’accusa di
sottrazione di documenti dagli uomini del Centro di controspionaggio, tradotto a
Regina Coeli e, nonostante i duri interrogatori e le minacce, non rivelò alcuna
villa Novare al Comitato di liberazione nazionale di Ardizzano. Ma, a tal proposito, il ca-
po del Comitato nulla seppe dire al col. Crescenzi e, per eventuali chiarimenti, lo invitò
a conferire con un membro del Comitato investigativo di Verona, sito in via Ghiaia, n. 7,
struttura che l’ufficiale non riuscì mai a rintracciare.
58 Ci sembra giusto, in questa sede, ricordare anche l’altro personale dell’Ufficio storico che col-
laborò attivamente alla preservazione delle carte. Si tratta del mar. magg. Vincenzo Polifroni,
del mar. dei CCRR Amedeo Iodice, del serg. Giuseppe Cardi e del soldato Virgilio Zordan.
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Espressamente documenti sulla guerra 1915-1918, per primi quelli su Caporetto, carte
della campagna d’Etiopia, della guerra di Spagna, dell’Africa settentrionale, della Tunisia
e della Russia.
60 Nei locali del Museo, siti al Vittoriano, furono nascoste stampe e carte «compromettenti».
All’interno del monumento dedicato a Vittorio Emanuele II veniva creato anche un deposito
di armi dei patrioti del Reggimento Genova Cavalleria e venivano nascosti alcuni ufficiali
ricercati dai nazifascisti. Per di più, vi si distribuivano, a convalida di falsi documenti
di identità, fogli di congedo e atti di nascita autentici, sottratti da Ruggero Moscati alla
Direzione generale degli Archivi di Stato.

