Page 529 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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               nativa dell’Ufficio, oggi inquadrato nel V Reparto affari generali cui è demanda-
               ta la definizione della politica comunicativa interna ed esterna, la politica promo-
               zionale e di indirizzo della «qualità della vita» nelle strutture militari – ha natu-
               ralmente favorito l’attuazione di una politica di apertura al pubblico sempre più
               liberale che ha comportato l’adozione di regole sull’accesso e sulla consultabili-
               tà analoghe a quelle in vigore per gli Archivi di Stato. In relazione a questo tema
               riportiamo  una  testimonianza  di  Giorgio  Rochat,  il  «decano  dei  frequentatori
               ‘esterni’ dell’Ufficio storico dell’Esercito», come lui stesso si definisce, pubbli-
               cata nel 2006:

                  arrivai [all’Ufficio storico] la prima volta nella primavera 1960 come neo-laurea-
                  to con un telegramma di presentazione del ministro Andreotti (non so come aves-
                  se fatto a procurarmelo il prof. Federico Chabod che dirigeva i miei studi di bor-
                  sista dell’Istituto italiano di studi storici di Napoli). | L’autorevole telegramma non
                  fu sufficiente, l’Ufficio aveva ancora sede provvisoria in via Venti Settembre, le
                  sue carte erano ammucchiate in disordine senza possibilità di una consultazione
                  – che del resto non era allora prevista per gli esterni, l’archivio dell’Ufficio era
                  sempre stato riservato alle ricerche condotte o commissionate dall’Ufficio o dalle
                  autorità militari, neppure uno storico illustre come Piero Pieri vi aveva potuto
                  lavorare. | Ci ritornai nel 1963, l’Ufficio aveva la sua nuova sede in via Lepanto
                  e locali adeguati. Un passo avanti, non potei accedere direttamente all’archivio,
                  ma mi fu consegnato un interessante gruppo di documenti sulla smobilitazione del
                  1919, da copiare a mano con divieto di pubblicazione integrale. | Per proseguire i
                  miei studi sull’Esercito tra le due guerre mondiali restavano per fortuna le biblio-
                  teche e il benemerito Archivio centrale dello Stato. Poi i tempi cambiarono, negli
                  anni Settanta il col. Rinaldo Cruccu, capo dell’Ufficio dal 1972 al 1980, ne aprì
                  l’archivio agli studiosi. A lui vada il grato ricordo mio e di molti altri colleghi e
                  amici, era un uomo di grande disponibilità e amicizia, anche capace di rappresen-
                  tare con successo l’Ufficio negli organismi internazionali. Con i suoi successori
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                  non ci furono più problemi .
               Dall’inizio  degli  anni  Settanta  l’Ufficio  inizia  ad  aprire  sempre  di  più  il  suo
               archivio agli studiosi, sebbene ancora con ampi criteri di discrezionalità, giusti-
               ficati dalle disposizioni dello Stato maggiore della Difesa in materia di documen-
               tazione «classificata» allora in vigore. Di fronte alla domanda pressante degli
               storici di fruire in maniera più liberale delle carte custodite dagli uffici storici di



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                  G. roChat, Note sugli archivi degli Uffici storici militari, in Ministero della difesa, CoM-
                  Missione italiana di storia Militare, Archivi, biblioteche…cit., pp. 131-135, in part. cita-
                  zione a p. 131. Sullo stesso tema sempre G. roChat, Gli uffici storici delle Forze armate…
                  cit., pp. 214-218; id., Una postilla sugli archivi militari, in «Le Carte e la Storia», VIII
                  (2002), 1, pp. 179-180.
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