Page 93 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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scorta di combustibile, quale che fosse, da introdurre nella Vi fu però una seconda tipologia di motore a vapore ot-
caldaia magari con la pala. Pur essendo, per quanto in pre- tenuto mediante diversi criteri informatori, appositamente
cedenza ricordato il peso della macchina un fattore non elaborati per impiego propulsivo leggero, quali aviazione e
dirimente per i dirigibili ai quali l’idrogeno garantiva una autoveicoli, rispetto al tradizionale ferroviario.
spinta ascensionale di circa I kg per mc, non può ignorarsi Fino alla metà del XIX secoli lo stantuffo di un motore
che collocare a stretto contatto un grosso involucro ripie- a vapore era alimentato alternativamente su entrambe le
no di idrogeno con un congegno che, anche trascurandone facce, a differenza di quanto avviene invece in motore a
la caldaia, emetteva miriadi di faville incandescenti, costi- scoppio. A partire da quella data, invece, i motori pur con-
tutiva nella migliore delle ipotesi un gravissimo rischio. servando la medesima soluzione per ciascun cilindro, ne
ebbero però diversi affiancati per meglio sfruttare le pres-
sioni decrescenti di uscita dai singoli cilindri, definendosi
perciò a doppia espansione o a tripla espansione.
Ovviamente i vari cilindri, che lavoravano in cascata con
pressioni sempre minori, avevano diametri progressiva-
mente maggiori in modo da compensare tale perdita. Da
lì alla realizzazione di motori a vapore a più cilindri uguali
con una sola espansione, il passo fu breve e di fatto li rese
simili ai motori a scoppio a più cilindri che, nel frattempo,
si andavano elaborando. Il numero di cilindri serviva, in-
fatti, a consentire un incremento di potenza senza ricorre-
re a dimensioni assurde.
Nella pagina a fianco: Archetipo di motore a vapore.
In alto: ulteriore archetipo di grande macchina a vapore.
A fianco: dirigibile a vapore di Henri Giffard.
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