Page 64 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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e disorganica conduzione della
                                                                                               calata propria dei barbari si op-
                                                                                               poneva un’ancora più improvvi-
                                                                                               sata e scriteriata contromanovra
                                                                                               imperiale, inficiata forse anche
                                                                                               dal reputare quell’invasione non
                                                                                               diversa dalle molte precedenti,
                                                                                               esauritesi spontaneamente in
                                                                                               pochi mesi. In linea di principio
                                                                                               non si può comunque escludere
                                                                                               che i Bizantini, colti del tutto di
                                                                                               sorpresa, abbiano evitato di bat-
                                                                                               tersi a fondo contro una minaccia
                                                                                               destinata, sempre a loro giudizio,
                                                                                               a dissolversi nelle inospitali re-
                                                                                               gioni meridionali.
                                                                                                 Una disperata resistenza sulla
                                                                                               linea del Po valse a salvare Pa-
                                                                                               dova, Monselice e Mantova, ma
                                                                                               condannò Vicenza e Verona che
                                                                                               caddero, ovviamente per fame,
                                                                                               in potere di Alboino. Il 4 settem-
                                                                                               bre del 569 fu la volta di Milano,
                                                                                               mentre Pavia riuscì a mantenersi
                                                                                               abbastanza a lungo prima di ca-
                                                                                               pitolare a sua volta. Gli invaso-
                                                                                               ri, comunque, passarono senza
                                                                                               incontrare eccessive difficoltà.
                                                                                               Negli anni seguenti passò pure la
                                                                                               rassicurante illusione di una fu-
                                                                                               gace permanenza o, nella peggio-
                                                                                               re delle ipotesi, di una progressi-
               un giovane condottiero, Alboino, le cui indubbie capacità   va assimilazione dei Longobardi. Le loro colonne, invece, si
               guerriere avrebbero consentito, con una rapida campagna, di   andavano scindendo progressivamente in una miriade di pic-
               conquistare in pochi anni tutto il Nord della Penisola, pri-  cole bande autonome, facenti capo ad altrettanti rozzi duchi,
               ma di cadere vittima, piuttosto ingloriosamente, della cele-  ciascuno dei quali mirava a ritagliarsi una fetta di territorio
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               bre Rosmunda.  Il richiamo in patria di Narsete, avvenuto   il più possibile indipendente. Infatti, sebbene formalmente
               poco tempo prima su istanza di Giustino II (520-578), diede   sottoposti a un re, quei numerosi duchi – per l’esattezza 35
               adito alla diceria che l’invasione longobarda dovesse ascri-  – si comportavano all’interno dei loro possedimenti come al-
               versi a una sua trama vendicativa, maldicenza peraltro mai   trettanti sovrani assoluti. Questi
               smentita. Di certo l’esercito bizantino non bloccò l’avanzata
               della miserabile orda penetrata dal Friuli, ma riuscì soltanto,   dalle fonti definiti duces ma di cui non si conosce il titolo
               e stentatamente, a deviarne il deflusso verso località di se-  longobardo, non vanno confusi con i duces tacitiani ma piut-
               condaria rilevanza strategica. Si osserva, anzi, che alla caotica   tosto intesi come capi di un settore dell’esercito, scelti dal re
                                                                          tra i nobili. La loro posizione ovviamente cambiò quando
                                                                          cessarono le migrazioni del popolo longobardo: ogni gruppo
               mobilità e ,di comandanti, completi di guerrieri e relative famiglie. In   familiare rimase però definitivamente di guarnigione nella
               essi possono ravvisarsi, perfettamente definiti, i singoli presidi di ogni
               futura guarnigione.                                        propria città, come semplifica la leggenda dell’assegnazione
               17   Ivi, pp. 41-43.                                       del Friuli a Gisulfo, e occupò definitivamente il proprio ter-



               60       il controllo del territorio
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