Page 120 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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        LUL'TlMA  FASE Ol!ll. 'EMIGRA7JONE  ITAIJANA        109
        di manodopera locale da adibire alla sostiruzione di quella manodopera gratui-
        ta o  a  buon mercato che era c05t.irulla, per la  Francia come per il  Belgio, dal
        ricor.;o aJ  lavoro gra1uito o  sonopagato dei  prigionieri di guerra tedeschi che
        erano una  norevole forza-lavoro che per il Belgio era di oltre 46.000 (34.703
        nelle miniere e  12.900 in altri settori industriali) e  per la Francia era di nume-
        ro ancora  più elevalo di lavoratori  prelevati sugli oltre 500.000 prigionieri  di
        guerra.  Appaiono pure di grande interesse questi  primi  coniarti con Parigi e
        Bruxelles  perché essi saranno gli  unici due stati,  curiosameme 'ancora  in
        guerra con 11taUa', ad avviare, prima del  uauato di pace, accordi informali di
        emigrazione. E sul piano i1aliano questo avvio avrn un'imporlanza notevole in
        quanto permetterà  un  cerro sblocco di  una  situazione economica  e  sociale
        che difficilmente il governo italiano poteva pensare di risolvere aluimenti.
           A questo riguardo però, conviene introdurre un'altra  interpretazione che
        successivi srudi eia parre di studiosi. specie della sinistra,  hanno avanzato, non
        senza  un qualche fondamento.  Il  cuore di  questa interpretazione,  non ceno
        favorevole alle tesi governative,  va ricercato in un'opera colleniva che la  rivi-
        sta fiorentina 'li Ponte'  riservò nel dicembre 1974 al fenomeno emigratorio (2).
        E la definizione di apertura che Enzo Enriques Agnoleni diede al suo saggio
        Un secolo di storia,  ventlsei milioni componll  il concetto di  uo  "fenomeno
        imponente che va considerato nell'ambito del l>ignifìcato che l'emigrazione di
        lavoratori ha (poiche di questo si tratta) in un dato sistema economico ma va
        considerato anche per qua1COS3  che è  strenamente inerente alla  nostra StOria
        nazionale  passata e  presente ... •. Si trattava  insomma di  una vera e  propria
        requisìtoria contro quelle class:i politiche dirigenti che sacrificavano i lavorato-
        ri ìn esubero pur di conservare taluni antichi privilegi: "11talia presenta questa
        differenza (nei confronti di altri stati europei): di essere un paese forremente
        indusl1'i:llizzato, che ha avuto claJ  '4S ad ieri un fortissimo processo di rrolSfor-
        mazione e  di sviluppo capitalistico indusuiale, e  nello stesso tempo di esse.re
        un  paese dl fonissima emigrazione ... Questo non è  accaduto in alcun altro
        paese•.  È  Paolo Cinanni ad approfondire ulteriormente quesri  conceui giun-
        gendo ad affermare: ·Il governo italiano, invece, si  pose come obiettivo prin-
        cipale la  ricostruzione del  potere di comando delle vecchie classi dirigenti, e
        preferì n equilibrare il  m p porto fra le strunu re produttive arrecrate del paese e
        la  sua  popolazione  relativamente -eccedente..  con  l'emigrazione "forzata".
        perseguendo tale  scelta  con  ogni  mezzo ed impegno.  Il  c:~ranerf.!  •forzalo"
        ddla  nosu-.1 emigrazione è  presente nella politiC3 della  nostra classe dirigente
        sin daj  tempi di Crispi, ma viene panicolarmente accentuato  in que.sto secon-
        do dopoguerra· o>.
           La  posizione polemica del  Cinanni  non em isola1a  ma  fu  ripresa,  poco
        più tardi da l!. Sererù che nel sostenere tali tesi si  rifece all'analisi di uno sru-
        dioso statunitense,  R..F.  Foester, che  fm  dal  1919 aveva dmo  all'emigrazione
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