Page 18 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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8 ROMAIN tl IWNERO
Non si deve peraltro ritenere che le posizioni equidistanti o •equivoche"
di De Gasperi e della DC siano solo di quella parre; anche Ferruccio Pani,
che, di ceno, non era democristiano, in un suo discorso all'Assemblea
Costiruente, il 9 maggio 1947, ne aveva sostanzialmente condiviso le opinioni
dichiarandosi contrario alle tesi alternative dei comunisti a proposito
dell'importarue questione di staralismo, liberismo e pianificazione economica.
Egli non aveva infan:i esitato ad afTe:nnare le virtù del compromesso e del
.
pragmatismo dichiatando: "Quest2 nostra posizione (di equidistanza) .. trova
la sua radice nella nostra concezione generale della società itallana per la
quale, nella fase storica che essa attraversa, è capace di assicurare l'optimum
sociale ed è storicamente congrua una politica che riesca a contemperare la
convivenza dell'impresa capitalistica privata, caratterizzata dalla libertà deiJa
scelta e dal rischio, con un'azione ed un intervento dello Stato necessari e
suflìdenti a realizzare i suoi lini socialL. • m.
Certamente in questa analisi di Parri st:a una chiave di lenum della stessa
azione che De Gasperi da n a poco andrà realizzando rifiutando sia gli ecces-
si di un ritorno ad un capitalismo cbe presto poteva diventare selvaggio, sia
uno statalismo "democratico" che avrebbe potuto soffocare l'iniziativa privata
e svuotare di significato la riconquistata libertà e la stessa democrazia. Con
Giorgio Galli si può ritenere che la DC si sia comportata come un panito bor-
ghese almeno fino al 1953, ma essa sembra rappresentare il massimo possibile
di unità conseguibile dalla borghesia, il massimo di mediazione possibile tra le
varie frazioni della borghesia stessa. Nessuna 'razza padrona' quindi, bensì una
nerta dlslinzlone all'interno della classe dominante tra un settore avanzato ed
efficiente disposto a modemizzare l'apparato produttivo ed un settore parassi-
tarlo che comprendeva sia gli str.lti tradizionali della piccola e media borghe-
sia, sia i nuovi gruppi di bofl:hesia b\Jrocraùca fonnatisl all'ombra del potere
democristiano e delle sue strutture operaùve periferiche. De Gasperi interpre-
ta questa. doppia esigenza ma anche a questo riguardo il suo approccio
appare penneato di cautele: alla viuoria democristiana del 2 giugno 1946 che
dà al panito un ruolo prioritario, egli non appare arroccarsi su posizioni
oltranziste ma allarga il suo governo alle forze che lo sorreggeranno a lungo
nella !lua azione di governo: liberali, socialdemocratici e repubblicani.
De Gasperi, con il 37,3 per cento dei voti e 207 seggi su 555, conquista una
posizione di prestigio specie se si considera che a quella votazione si presen-
tarono ben cinquanta partiti oltre al democristiano. Ma il vero traguardo eletto-
rale che gti darà tranquillità e sicurezza sarà il voto del 18 aprile 1948 che
segna, a poclù mesi dal primo una crescita ìmponenre: dal 37,3 per cento al
48,5 per cento, con 304 deputati su 573 e 131 senatori su 237. Questi dati sono
imponami perché sono alla base di un'altra concezione degasperiana quella,
cioè di non govem:~re mai da solo, anche se le cifre potevano permetterglielo.