Page 50 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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lA RICOS"IliUZIONE  DELLE  ll\1lUS11UE  DELLA  DIFESA
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          dipendenti dal ministero degli  lntemì" <5l,  e  quindi srnilitarizzate, segno evi-
          dente delle crescenti preoccupazioni degli anglo-americani sul  mantenimento
          dell'ordlne pubblico e su  un possibile colpo di stato comunista all'indomani
          del rir:iro delle forze dell'amministrazione militare alleata.
             Alla  proposta britannlca  non  era  contrario il generale Raffaele Cadoma,
          capo  dì Stato  Maggiore dell'Esercito,  Il  quale  riteneva, sia  che  il  riarmo
          deii'Ltalia rientrasse tra gli interessi degli Allenti, sia  si dichiarava favorevole a
          un piccolo esercito  di •qualità", anche per ragioni economiche, con una for-a
          alle amti inferiore al teno  imposto dai britannici. Il suo favore, tuttavia, verso
          una valorizzazione degli ex-partigiani e la messa in disparte degli ufficiali che
          avevano militare  nella  RSI  ne segnò  presto  la  fine  politica, awenuta con  le
          dimissioni del febbraio 1947, e le sue idee rimasero senza seguito.
             Alla  vigilia  della  sessione  di  Parigi  del  Consiglio  delle  Cinque  Grandi
          Potenze  (25  aprile-16  maggio  e  15  giugno-12 luglio  1946),  l'Italia  inviò  tre
          memorandum, uno per ciascuna  Forza Armata, con i quali fece  conoscere  ai
          vincitori  le  proprie esigenze di  difesa.  L'Esercito giudicava  necessari  almeno
          236.000 uomini (cinque divisioni mobili e  undici brigate miste oltre  ai reparti
          per la copertura delle frontiere). La  Marina voleva  una  flotta  di 100.000  ton-
          nellate, che, escluse le corazzate, corrispondevano grosso modo alle sessanta-
          tré  unità  allora  in  linea,  mentre l'Aeronautica  giudicava  necessaria  una lint:a
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          di volo costituita da trecentocinquantouo aerei da combattimento Cl.
             Le speranze italiane  andarono, rutt;J.Via,  deluse.  Mentre  l'Esercito  vide  la
          propria forza  zidona a 185.000 uomini e 65.000 carabinieri senza alcun repar-
          tO di  copertura,  in  quanto  la  Francia  impose  la  smiiJtarizzazione per una
          profonclìtà  di  20  km della  frontiera  occidentale  e  I'URSS  di quella orientale
          verso la  jugoslavia. Fu  anche  imposto all'Italia il limite di  duecento carri
          arrnali  medi, oltre al divietO di possedere o  costruire arrnì atomiche, missili e
          artiglierie con gittata superiore ai 30 km.
              All'Aeronautica  furono concessi solo  25.000 uomini, duecento aerei armati,
          con la  proibizione di possedere velivoli da bombardamento e missili, e centocin-
          quanta velivoli disarmati tra trasporti, addestratori e aeroplani da collegarncmo.
             Alla  Marina  fu  imposto un  massimo  di 67.500  tonnellate di floua con il
          divieto di possedere, costruire, impiegare e sperimentare portaerei, sommergi-
          bili, motosiluranti e navi d'assalto e  l'impegno a  non impostare nuove navi da
          combattimento  prima  del 1° gennaio  1950. salvo  che  a  rimpiazzo di  unità
          accidentalmente  perdute. A  rendere  ancor  pi\1  umìliante  per  la  Marina  il
          Tranato di  Pace, vi era  l'imposizione di consegnare ai vincitori come "bottino
          di guerra"  tre  corazzate, cinque incrociatori, selle cacciatorpediniere, se!  tor-
          pediniere, olto sommergibili, cinquantaquattro tra MAS, motosiluranti e motozat-
          tere da sbarco. quattro petroliere.  un  posamine, sette dragamine, quattordici
          cisterne, una  nave scuola, una nave coloniale, quarantasei  rimorchiatori,  una
          nave appoggio e  tre navi da trasporto.
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