Page 51 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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40 ANDREA CURAMI
Solo il riuscito intervento dell'ammiraglio Francesco Maugeri, ministro
della Marina e del nuovo capo di Stato Maggiore Corso Pecoti Giraldi, che
arrivarono a minacciare un autoaffondamento delle unità analogo a quello
Francese nel porto dì Tolone nel 1942, riuscirono a ridurre il numero di navi
consegnate agli Statl Uniti, alla Gran Bretagna e alla Francia, in conto "ripara-
zioni dei danni di guerra~.
È, quindi, chiaro che in una siruazione di cosi grande incene.zz:a l'indu-
stria bellica italiana andò quasi tutta allo sbando, non solo per la mancanza di
un commiaente e delle ricorrenti commesse assistenziali, ma anche perché il
Trattato di Pace vietò espressamente, inoltre, la costruzione di materiale mili-
tare dJ progetto germaruco e giapponese. Divieto che nel caso tedesco era
particolarmente sentito in quanto tutte le industrie sl erano attrezzate -dopo
1'8 settembre 1943- per la produzione per H m Reich.
Vi erano, poi, altri problemi che assillavano le grandi industrie e in special
modo quelle belliche. li primo era connesso all'enorme crescita di manodope-
ra durante la guerra appena terminata. Prima. fino all'arrnistizlo, erano stati gli
impegni bellici a determinare tale crescita; poi, durante l seicento giorni della
RSI, erano stati motivi sopratrutto sociali al fme dl evitare la deportazione in
Gem1anla a migliaia di italiani; quindi, dopo la fine della guerra, si era dema-
gogicameote garantito un posto di lavoro ai partigiani o sedicenti ta1L
l tentativi di adeguare i1 personale alla futura e incerta ridotta produzione
si erano scontrati con l'opposizione dei CLN interni alle fabbriche, dei consi-
gli di gestione e delle commlssioni interne.
·•sarebbe stato più agevole - si lamentava In un comunicato la !sona
Fraschini commentando la decisione di sospendere il 40% del personale nel
dìcembre del 1945 - risolvere la crisi se agli inizi si fosse affrontata la situa-
zione con realismo, perché una buona pane della massa operaia, e precisa·
mente quella proveniente in gran patte dall'agricoltura, avrebbe potuto trova-
re lavoro nei campi alleggerendo l'azienda'' Ol.
La sospensione dal lavoro non era comunque indolore per le aziende, in
quanto si trovavano a dover corrispondere egua.lmence il 66,66% dello stipen·
dio ai dipendenti e la lsotta Praschini affermava di aver " .. .speso circa quanro-
cemo milioni per mantenere una parte del personale e non può più oltre
continuare a far gravare questo personale sulla ridotta produz.ione automobili-
stica che si .riduce attualmente a drca cento autocarri al mese" CS>.
Eguali problemi assillavano la Fiar, cosr.rella a sospendere il lavoro per
due Séllimane a gennaio del 1946 - anche a causa dell'esaurimento delle
scorte di carbone e della deficienza di energia elertrica - e altre industrie
aeronautiche quali la SIAI e la Caproni.
Da un lato la produzione di mezzi di t.rasporto civili (dalle carrozze ferro-
vi:lrie, alle locomotive e agli autocarri) sembrava l'unico sboc'-'0 che permettesse