Page 97 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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                 D'altra  parte le esportazioni, oltre che essere cadute al 700Al del 1938, non
              crescevano abbastanza,  in  particolare  verso  l'area  del  dollaro  mentre  le
              importazioni  europee,  in gran  parte costituite da merci  essenziali  per la  vita
              delle  popolazioni e  per il rirorno della  produzione, specie  industriale, erano
              tornate a livelli di normalità.
                 Agli  inizi  del  1947  la  situazione presentava  allarmanti  segni di  aggrava-
              mento,  anche  per le  conseguenze di  un  inverno  particolarmente rigido.  Le
              prospettive  non emno dunque favorevoli, anzi  erano  drammatiche.  Pareva di
              poter  dire  che "le relèvement  de  l'économie européenne éta.it sérieusement
              compromise" Cll,
                 Losservaz.ione  di  ciò che  stava  accadendo  nel  Vecchio  Continente  e
                  '
              l'interpretazione che uomini come Willlam Clayton davano dei fani e delle ren-
              denze  in atto  agli  Inizi  di quell'anno,  li aveva  convinti  ch.e  l'Europa  fosse
              sull'orlo della disgregazione e che gli obiettivi di rinascita economica e sociale
              e la stessa stabìlità politica stessero per diventare irraggiungibili C3l.
                 Se  è  vero,  infatti,  che  la  maggior  parte dei  paesi europei  era tornata  ai
              livelli  di anività  economica  prossimi  all'anteguerra,  altri  riprendevano  troppo
              lentamente.  Inoltre, dappertutto,  la  produzione agricola  assicurava  a  ciascuna
              persona  non  più dei 3/4 delle disponibilità normali e  bisognava impanare una
              gran quantità  di derrate  alimentari, oltre alle  materie  prime  e  al  combustibile.
              Ma il deficit delle bilance dei pagamenti, determinato dallo sviluppo inadeguato
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              delle esportazioni, rischiava di prosciugare le riserve Cl.
                 D'altra  parte, come osserva  Kindleberger,  l'idea di  tenere  in  equilibrio  i
              conti con l.'estero anraverso la  redistrìbuzione delle risorse esistenti fra esporta·
              zionì  e  mercato interno e  quindi attraverso  il  contenimento della  domanda di
              beni di consumo e  di investimento, avrebbe comportato l'accettazione, politica-
              mente e socialmente impossibile, di Uvelli di vita mollo bassi <>.
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                 Occorreva dunque trovare fonti alternative di approvvigionamento rispet-
              to a quelle collocate nell'area del dollaro. Soluzione non facile per l'inconver-
              tibìlir::l delle  monete, sterlin;l compresa.
                 Né er.1  peosabìle che la  moneta  inglese tornasse ad essere quello che era
              sempre stata,  cioè una sorta di  "moneta. universale" come dimostrò il clamo-
              roso  fallimento  del  tentarivo di  riportarla  al  centro  del sìsrema  monetario
              inrernazionale C6l,
                 Del  resto  che la moneta inglese fosse sostanzialmente debole  è  provato
              dal fano che, a fronte di un cambio ufficiale di 4,03 dollari per sterlina, quello
              di mercato era attestato sui 2,80 dollari m.


                 La  situazione deU'ltalia  non era  molto  diversa  da quella  degli  altri  paesi.
              Gli esiti della guerra avevano inciso sul commercio di esportazione. Era cessaro
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