Page 209 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
P. 209

CAPITOLO SETTIMO




                        In un giorno del 1913, l’Ambasciatore italiano a Vienna, recatosi al Ministero degli affari este-
                        ri austriaco, avrebbe dimenticato negli uffici una borsetta contenente il testo di un telegramma
                        in chiaro con la relativa traduzione in cifra. Ora pare che il cifrario usato per quel telegramma
                        fosse per l’appunto, uno dei cifrari del tipo K che furono poi quasi tutti interpretati.
                                                                                             72

                  Inoltre, Ronge ammette di aver decrittato i dispacci diplomatici italiani sulla base del lavoro svol-
                  to in tempo di pace da lui stesso e poi da Figl, per ricostruire il cifrario contenente più di 10.000
                  termini.  Quest’attività avrebbe compreso, oltre all’utilizzo del dispaccio dimenticato dall’Am-
                         73
                  basciatore, alcuni abili sotterfugi, attuati inserendo in un giornale in lingua italiana pubblicato
                  a Istanbul un’interessante informazione che l’Addetto militare italiano in quella città si sarebbe
                  affrettato a cifrare e trasmettere a Roma, fornendo in questo modo un aiuto formidabile per la
                  soluzione del cifrario.
                  O. Marchetti conclude il racconto della citata disavventura occorsa all’Ambasciatore italiano a
                  Vienna affermando: «del resto, l’episodio non è nuovo né unico». Infatti, una disavventura ancora
                  più grave era capitata a un personaggio dal nome altisonante di Ottokar Theobald Otto Maria
                  Graf Czernin von und zu Chudenitz, più semplicemente Czernin, Ministro degli Esteri austriaco
                  dal dicembre del 1916. Egli racconta, nel suo libro sulla Guerra Mondiale, la misteriosa scom-
                  parsa dalla propria carrozza, durante il periodo in cui era Ambasciatore a Bucarest, di una busta
                  contenente tra l’altro, il Cifrario diplomatico austriaco. Poiché però la stessa busta gli fu restituita
                  qualche tempo dopo, apparentemente intatta, l’Imperatore, informato dell’accaduto, non lo desti-
                  tuì dal suo incarico.
                  Tuttavia,  dopo  la  presa  di  Bucarest  da  parte  delle  truppe  degli  Imperi  Centrali,  il  Servizio
                  Informazioni austriaco, nel maggio del 1917, rinvenne nella soffitta della villa del Presidente
                  rumeno Ion Bratianu, le lastre fotografiche che riproducevano lo stesso cifrario e altri documenti
                  contenuti nella famosa busta. 74
                  Anche nelle operazioni di acquisizione onerosa occorre praticare grandi cautele per evitare quel-
                  le che oggi si chiamerebbero “bufale” di tutti i tipi, alcune delle quali sono ampiamente descritte
                  nell’abbondante letteratura sul tema della vendita di cifrari falsi.
                  Molto nota, a questo proposito, è la truffa perpetrata ai danni all’Evedenzbureau austroungarico
                  da un distinto signore che, non molto tempo prima dell’inizio della guerra, riuscì a vendere, per
                  10.000 corone, un codice diplomatico serbo copiato, secondo lui “poco per volta”, da un suo
                  nipote impiegato nell’ufficio codici del Ministero degli Esteri di Belgrado. La proposta sembrò
                  molto allettante perché un cifrario copiato offre maggiori garanzie per la durata del suo impie-
                  go, rispetto a un cifrario in qualche modo sottratto. Prudentemente, l’Evedenzbureau procedet-
                  te all’acquisto solo dopo l’intercettazione di telegrammi diplomatici serbi, naturalmente falsi,
                  cifrati con quel codice da un complice del distinto venditore, ma cominciò a sospettare della
                  truffa solo qualche giorno dopo. Ne raggiunse poi la certezza quando fece spedire, da un proprio
                  agente a Belgrado, all’Ambasciata serba di Vienna un telegramma cifrato con il falso codice.
                  Dopo poco il Segretario dell’Ambasciata si presentò all’Ufficio postale centrale della capitale
                  dell’Impero, richiedendo la ripetizione del telegramma di cui non riusciva a capir nulla.
                                                                                                  75



                  72   Servizio Informazioni, Attività dei Reparti crittografici dell’esercito austro ungarico durante la guerra, Prot.N° 951/A
                  del 14 marzo 1919,  a firma di O. Marchetti, AUSSME fondo H4, busta 65.
                  73   M. Ronge, Der Radiohorch, op cit., p.4. La ricostruzione dei voluminosi codici diplomatici è di solito graduale e può
                  richiedere un lavoro di molti anni prima di individuare il significato di un quantità di gruppi cifranti sufficiente a compren-
                  dere i testi dei crittogrammi.
                  74  M. Ronge, Spionaggio, op. cit., p.285.
                  75   D. Kahn, op. cit.,p. 208-209, ove si riproduce esattamente il racconto contenuto nel libro di F.Pratt (op. cit. p.263-264),
                  edito circa 25 anni prima.


                                                                                                     209
   204   205   206   207   208   209   210   211   212   213   214