Page 35 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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CAPITOLO PRIMO




                  iL cauto revisionismo americano
                  Un  primo  accenno  di  stima  per  la  crittografia  italiana  si  riscontra  nel  libro  dell’americano
                  Herbert Yardley, noto crittologo e Capitano dell’Esercito durante la guerra, che descrive i risul-
                  tati di una visita a Roma, nel marzo del 1919. 54
                  Nonostante i motivi d’urgenza che imponevano un rapido rientro di Yardley a Washington da
                  Parigi ove era in missione presso il Reparto crittografico dell’Esercito francese, i suoi superiori
                  gli ordinano di recarsi nella capitale italiana per ottenere informazioni su codici e cifrari, perché
                  gli Italiani erano considerati «bravi in crittografia»,  fama evidentemente guadagnata nel corso
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                  dei contatti con gli Alleati durante il conflitto.
                  Il Capitano americano non ottiene però lo scopo di conoscere a fondo i metodi italiani, perché
                  sembra che i suoi interlocutori abbiano tenuto un comportamento molto “riservato”, analogo del
                  resto a quello mostrato dai Francesi, quando Yardley aveva cercato di intromettersi della loro
                  “chambre noire” diplomatica. La spiegazione di quanto accaduto si può presumibilmente ascri-
                  vere al fatto che Italiani e Francesi decrittavano sistematicamente i dispacci diplomatici anche
                  degli alleati americani e dovevano assolutamente evitare che qualcuno scoprisse il segreto. 56
                  Yardley conclude il racconto della missione a Roma affermando che la crittografia militare ita-
                  liana, per quanto di buon livello, non si possa ritenere comparabile con quelle inglese e francese,
                  da lui considerate le migliori al mondo.
                  Più di vent’anni dopo, il celebre crittologo americano William Friedman, in poche righe di una
                  sua conferenza riassumeva ancora, senza alcuna variante, il giudizio di Gylden, non avendo an-
                  cora avuto la possibilità di leggere la traduzione in inglese del Manuale di Sacco.  57
                  Una testimonianza ben più precisa si riscontra nel famoso libro da David Kahn “The Codebreakers”,
                  edito  negli  anni  Sessanta,  che  costituisce,  com’è  noto,  una  pietra  miliare  nella  storia  della
                  crittologia mondiale.   L’Autore, durante la preparazione del suo libro, viaggia in Europa per
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                  intervistare i protagonisti del settore nel corso del primo e del secondo conflitto mondiale e per
                  consultare negli archivi le memorie riguardanti le due guerre.  Egli definisce quest’attività una
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                  “corsa con la morte” perché molti di coloro che avrebbe voluto intervistare, specie per ricostruire
                  la storia della Grande Guerra, erano nel frattempo deceduti. L’intervista che Kahn maggiormente
                  rimpiange di aver perduto è quella con Andreas Figl che, all’epoca del primo viaggio in Europa,
                  egli aveva dato sicuramente per morto, sulla base di semplici considerazioni anagrafiche, mentre
                  invece scopre, durante un successivo viaggio in Germania, che il crittologo austriaco era dece-
                  duto da poco, all’«incredibile (per l’epoca, N.d.A.) età di 96 anni».
                  Riesce invece pienamente l’intervista dell’Autore americano con Luigi Sacco, anch’egli molto an-
                  ziano. Kahn descrive il luogo dell’incontro avvenuto il 10 maggio del 1962, nell’appartamento del
                  Generale sito al Lungotevere di Roma e più precisamente sul terrazzo da cui si godeva una magnifica
                  vista del fiume. Poiché lo storico americano spiega di aver sempre registrato le proprie interviste con un
                  apposito apparecchio, si può ritenere che il racconto sintetico contenuto nel suo libro sui cifrari austria-
                  ci risolti dagli italiani tenga conto anche di quanto dichiarato da Luigi Sacco durante il loro incontro.
                  Per il fronte opposto, si nota che Kahn, per non avendo intervistato Figl, possedeva probabil-

                  54   Herbert O.Yardley, The American Black Chamber, Bobbs Merril, Indianapolis, 1931 (edizione originale). Con lo stesso
                  titolo, Edizione Naval Institute Press, Annapolis, Maryland, 2004, p.238. La frase originale è: «the Italians were reported
                  to be clever in cryptography».
                  55   ibidem, p.225-230.
                  56   ibidem. Il Reparto crittografico dell’Esercito italiano a Roma “lavorava” sia i dispacci cifrati militari sia quelli diploma-
                  tici, mentre in Francia le due funzioni erano svolte da uffici separati.
                  57   W. F. Friedman, Cryptology from the end of Civil War to the end of World War I, Lecture V, Sources in United States
                  Cryptologic History, number 3, The Friedman Legacy, A tribute to William and Elisabeth Friedman, Third Printing, center
                  for Cryptologic History, www.nsa.gov,  p.121.
                  58   David Kahn, The Codebreakers, op. cit., p.316 - 320
                  59   Il racconto di queste interviste è contenuto in D. Kahn, Interviews …. op. cit., p.36 - 41.


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