Page 104 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
P. 104
La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.
Poglavnik o sedicenti tali. L’atteggiamento d’indifferenza, infatti, incoraggiava gli
ustaša nelle proprie azioni e serbi ed ebrei andavano perdendo la fiducia riposta
nelle autorità militari italiane, organizzandosi per resistere alle persecuzioni. 2
I massacri compiuti in Lika assumevano aspetti feroci che – scrive l’Ufficio Af-
fari civili della 2ª Armata – “possono trovare riscontro soltanto nei tempi più oscuri
del Medioevo”. I civili uccisi erano migliaia e altrettante le persone arrestate: “le
violenze sono condotte all’insaputa delle stesse autorità governative o degli stessi
comandi delle truppe regolari croate, quasi sempre dovute a iniziative di gruppi
locali, a manipoli di gente indefinibile”. Ambrosio attribuiva la responsabilità della
situazione esclusivamente agli ustaša, precisando che le autorità civili e militari
croate ne comprendevano invece la gravità. Per tale ragione era necessario porre
fine alle violenze, che compromettevano la sopravvivenza stessa dello Stato Indi-
pendente Croato e il “prestigio italiano” tra la popolazione civile che tali atti subiva
e deplorava. Sebbene i comandi italiani, in base alle disposizioni ricevute, fossero
intenzionati a evitare ingerenze nelle questioni locali, le violenze ustaša trascen-
devano i limiti dell’episodio e inducevano a intervenire: la sola presenza italiana
in alcuni casi era stata sufficiente a frenare gli eccessi. Ambrosio invocherà anche
l’intervento presso Pavelić di Raffaele Casertano, l’incaricato d’affari italiano nella
capitale croata, che riterrà tuttavia inopportuno intrattenere l’alleato di Zagabria
sulla questione. 3
Non dissimili a quelle di Ambrosio le osservazioni del generale Furio Monti-
celli, comandante la Divisione Sassari a Knin. Anche qui gli arresti e gli omicidi
della popolazione serba, numericamente prevalente, si susseguiranno a ritmo inces-
sante, essenzialmente per vendette personali. La presenza italiana nella zona sarà
sempre meno tollerata dagli ustaša, seppur sopportata, mentre l’impotenza dinanzi
alle violenze diffonderà un malessere crescente. Monticelli sottolinea il rischio di
vedersi sfuggire il controllo sui propri uomini, “poiché nonostante il diffuso senso
di disciplina e la volontà di ossequiare gli ordini”, di fronte ad atti di così inaudita
violenza sarebbe stato difficile evitare l’intervento contro le locali autorità croate.
Rimanere passivi significava infatti apparire complici dei massacri agli occhi delle
2 Ibidem, Centro I Antico, a Servizio Informazioni Militare Ufficio I Albania, P.M.22 – A.,
prot. n. 5/1330 segreto, oggetto: Notizie dalla Croazia, Mostar, f.to il Comandante dei
CC.RR. Capo Centro Angelo Antico, P.M.9I/A., 18 giugno 1941-XIX; id., Comando Supre-
mo, Servizio Informazioni Militare Ufficio I Albania, Centro I Antico, a Servizio Informa-
zioni Militare Ufficio I Albania P.M.22 – A, prot. n. 5/1375 segreto, oggetto: Notizie dalla
Croazia, Mostar, f.to il Capitano dei CC.RR. Capo Centro Angelo Antico, 20 giugno 1941-
XIX.
3 Ibidem, Comando 2ª Armata-Ufficio Affari Civili, Segreto, Riservatissima-personale, a R.
Legazione d’Italia a Zagabria, oggetto: Violenze degli ustasci – Reazioni sulle truppe italia-
ne, P.M.10, 21 giugno 1941-XIX.
104 Capitolo sesto

