Page 168 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


               Nei giorni precedenti circa 4.000 uomini avevano lasciato la città verso l’Italia.
            Dei rimanenti 9.000 che caddero prigionieri dei tedeschi, tutti gli ufficiali furono
            sottoposti a giudizio sommario, e 49 di essi vennero fucilati nella vicina località di
            Trilj, fra cui il generale Cigala Fulgosi, comandante della Piazza ed i generali Pel-
            ligra e Policardi, comandanti l’artiglieria ed il genio d’Armata .
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               In Erzegovina i reparti della Prinz Eugen avevano già occupato nei giorni prece-
            denti l’intera regione, sopraffacendo le truppe italiane del VI Corpo d’Armata entro
            il 13 dicembre. Dapprima l’operazione non aveva presentato difficoltà, ma la presa
            di Ragusa richiese ai tedeschi una manovra più difficoltosa che altrove. La città era
            presidiata dalla divisione Marche, comandata da un energico ufficiale, il generale
            Giuseppe Amico. Quest’ultimo era assai inviso ai tedeschi per essersi opposto alla
            deportazione degli ebrei rifugiatisi in Erzegovina. In occasione di un ricevimento
            alcuni mesi prima, il generale era stato chiarissimo con croati e tedeschi: nella zona
            italiana non si uccidevano né ebrei né serbi. La cosa fu riferita a Zagabria, e di lì a
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            Berlino dal direttore dell’Accademia tedesca di Ragusa Arnold .
               Ragusa era fra i primissimi obbiettivi dei tedeschi, e per occuparla era stato mes-
            so a punto un piano in più fasi. Il giorno 9 la cintura di avamposti della divisione
            Messina, schierata attorno alla città, venne attaccata dalle avanguardie tedesche
            della Prinz Eugen. Ecco come un ufficiale italiano ricorderà nelle sue memorie una
            delle operazioni di disarmo da parte tedesca il 9 settembre:

                     “Il colonnello italiano comandane di quel presidio aveva ricevuto già
                  da qualche giorno l’ordine di consegnare la piazzaforte ai tedeschi: una
                  cessione fra truppe alleate che si sarebbe potuta credere di ordinaria am-
                  ministrazione. Praticamente gran parte delle consegne era già stata fatta.
                  Erano a colloquio in una stanza del comando il colonnello italiano e un
                  maggiore tedesco. Bussarono alla porta: il piantone italiano tratteneva un
                  motociclista tedesco che parlava fitto fitto nella sua lingua e mostrava un
                  dispaccio. Il colonnello fece cenno di farlo entrare. Il maggiore tedesco
                  chiese il permesso di leggere. Come ebbe letto abbozzò un sorriso, puntò
                  la pistola sul colonnello e disse: «La città è nelle nostre mani, non potete
                  farmi resistenza. D’ordine del Comando Supremo germanico siete mio
                  prigioniero» .”
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               Dopo alcuni incerti combattimenti, l’avanzata tedesca si arrestò, ma il giorno
            successivo aerei tedeschi bombardarono i dintorni della città, affondando la tor-


            29  GHERARD SCHREIBER, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Ter-
               zo Reich 1943-45. Traditi, disprezzati, dimenticati. Roma, USSME, 1992, pp. 263-265.
            30  J. STEINBERG, Tutto o niente, cit., p. 53.
            31  DE BERNART ENZO, Da Spalato a Wietzendorf. 1943-1945. Storia degli internati militari
               italiani, Milano, Mursia, 1973, p. 8.

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