Page 165 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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L’estate 1943


             nell’Italia metropolitana, la reazione tedesca fu immediata e coordinata da un piano
             d’azione messo a punto da tempo: il Fall achse, o “Ipotesi Asse”. L’obbiettivo era
             disarmare tutte le unità italiane, compresa la Milizia, ed acquisire al più presto il
             controllo della massima parte del territorio italiano. La priorità doveva essere data
             al controllo delle coste e delle zone di prossimità al nemico. Ogni resistenza do-
             veva essere stroncata con la forza lì dove ciò fosse  possibile. Dove il rapporto di
             forze giocava a favore degli italiani troppo nettamente si sarebbe dovuto prendere
             tempo: trattare in attesa dei rinforzi o dell’ordine di sganciarsi. Ovunque fosse rea-
             lizzabile, marina e aviazione tedesca dovevano attaccare le unità navali italiane in
             navigazione. Ai prigionieri doveva essere posta la scelta fra  la collaborazione, caso
             in cui li si sarebbe destinati ai reparti ausiliari, o il rimanere prigionieri, caso in cui
             si sarebbero dovuti avviare ai campi di lavoro in Germania. Gli ufficiali dei reparti
             che avevano opposto resistenza o avevano ceduto le armi ai partigiani andavano
             giudicati da un tribunale militare sommario e fucilati.
                Che un tale piano esistesse era noto anche dagli italiani. Lo rendevano evidente
             tanto il comportamento dei tedeschi che le indiscrezioni arrivate dagli stessi vertici
             militar di Berlino.
                In un incontro a Venezia, il capo del servizio segreto militare tedesco, l’ammi-
             raglio Whilehlm Canaris, aveva anticipato al generale Amè ciò che era in realtà
             già noto: i tedeschi avevano un piano per sopraffare gli italiani all’atto stesso della
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             capitolazione .
                Come si  è detto, alcune predisposizioni erano state in effetti prese dai comandi
             italiani già a partire dalla metà di agosto, ma con scarsissimi risultati.
                Limitandosi alla situazione nel teatro croato, tali precauzioni da parte italiana
             si erano concretate nello spostamento in Italia delle divisioni Sassari e re, e con la
             creazione, il 5 settembre, di un nuovo comando di armata che raggruppasse sotto
             il generale Gastone Gambara tutte le truppe italiane in Slovenia e Italia orientale.
             Con tale decisione, che sottraeva  alla 2ª Armata, già indebolita dalla perdita della
             Sassari e della re, anche l’XI corpo d’Armata cui era aggiunta la logoratissima
             divisione Murge, si cercava di creare un grosso raggruppamento di 10 divisioni a
             difesa del triangolo Fiume-Lubiana-Bolzano, riducendo la responsabilità del gene-
             rale Robotti, comandante dell’Armata, al Carnaro, alla Dalmazia e all’Erzegovina,
             quest’ultima già de facto nelle mani dei tedeschi fin dal termine dell’operazione
             Weiss.

                All’8 settembre le forze italiane in Croazia settentrionale erano costituite dal V
             Corpo d’Armata, costituito da due divisioni, Macerata e Murge, dal V Raggruppa-
             mento G.a.F. e da una brigata costiera, la XIV.


             27  A. SANTONI, Le operazioni in Sicilia e Calabria, cit., p. 423.

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