Page 163 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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L’estate 1943


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             molto maggiore successo, di concerto alle forze anglo-americane? .
                Ad un occhio estraneo alla logica dei comandi Alleati del resto, i Balcani, sede
             di un forte movimento di resistenza, vicini ai pozzi petroliferi romeni, e già nella
             Grande Guerra “porta di servizio” per l’Europa centrale, erano indubbiamente un
             luogo più logico dove tentare uno sbarco rispetto all’Italia, la quale, seppur più
             vicina all’Africa, era pur sempre un paese dell’Asse, dove la resistenza ad una in-
             vasione avrebbe dovuto essere più forte che mai.
                Lo sbarco alleato nei Balcani, era del resto atteso anche dai tedeschi, che proprio
             in questo senso si mossero fin dall’inizio. L’ostinazione a negare agli italiani il con-
             senso ad armare i cetnici era data dalla certezza che essi si sarebbero schierati con
             gli inglesi al momento dello sbarco. E tale ostinazione era divenuta ferrea proprio
             nel 1943, ovvero quando i vertici della wehrmacht ritenevano lo sbarco imminente,
             ma anche quando l’apporto dei cetniĉi risultava più indispensabile agli italiani.
                 Anche Tito credeva fermamente ad uno sbarco alleato nella regione, ed era
             spaventato dall’ipotesi di venire in futuro sacrificato da Stalin ad un Mihajlovic
             riarmato dagli Alleati e legittimato dal governo jugoslavo in esilio a Londra, ed in
             questa logica si spinse persino a proporre ai tedeschi una possibile collaborazione
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             anti-britannica . Quando infine il temuto sbarco alleato avvenne in Italia, “tutti,
             tranne i cetnici, si sentirono sollevati”.  23
                Solo allora i tedeschi cambieranno ufficialmente politica nei confronti dei serbi,
             ma molti di essi si saranno già uniti ai partigiani.
                In realtà in altri settori, come gli italiani documentavano da tempo, i coman-
             di tedeschi accettavano già ampiamente il concorso dei cetniĉi, sostituendosi agli
             italiani presso di loro come potenza “protettrice”. Anche in questo campo, quindi,
             i sospetti dei comandi italiani circa una sostanziale doppiezza del comportamento
             tedesco erano tutt’altro che infondati. Decisi a stroncare i nazionalisti serbi lì dove
             essi potevano dare manforte ad un  attacco alleato, i tedeschi erano disposti ad ado-
             perarli in zone più periferiche, lì dove, una volta staccati dagli italiani, i serbi non
             avrebbero avuto, come infatti accadde, alcuna altra scelta che seguirli fino in fondo.

                Le unità della 2ª Armata in Jugoslavia all’inizio dell’agosto 1943 contavano
             undici divisioni, due raggruppamenti della Guardia alla Frontiera e un raggruppa-

             21  J. BURGWYN, L’Impero sull’Adriatico, cit., p. 337.
             22  BAMBARA G., La guerra di liberazione nazionale in Jugoslavia, cit., pp. 208-213. Tali
                profferte da parte di Tito furono avanzate più o meno contemporaneamente al presunto in-
                contro segreto che secondo lo storico britannico Liddel Hart sarebbe avvenuto nel giugno
                1943 fra il ministro degli Esteri tedesco Ribbetropp e quello sovietico Molotov a Kirovograd
                per discutere un armistizio tedesco-sovietico pressappoco sulla “Linea Curzon”. LIDDEL
                HART BASIL, Storia militare della Seconda Guerra Mondiale, Milano, Mondadori, 2000,
                p. 685.
             23  BURGWYN J., L’Impero sull’Adriatico, cit., p. 337.

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