Page 83 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti con l’alleato tedesco


                Ditte e capitali tedeschi, già padroni o quasi dell’economia centro-europea, pe-
             netravano nell’area balcanica, relegando rapidamente l’Italia ai margini di quello
             che avrebbe dovuto esere il suo sub-impero europeo.  Soprattutto, una missione mi-
             litare tedesca, guidata dal feldmaresciallo Albert Kesselring, si installò a Roma con
             vaghi compiti di “collegamento”, ma in realtà per controllare l’inefficiente partner
             e impedirgli di commettere altre pericolose improvvisazioni.
                Era inevitabile che questo processo di “minorizzazione” dell’Italia, del resto ine-
             vitabile, avesse delle ricadute sul piano dei rapporti militari italo-tedeschi sul campo
             di battaglia. Era lì infatti che i soldati dei due alleati avevano, al di là della barriera
             della lingua, la massima parte dei propri contatti, ed era sempre lì che le due macchi-
             ne belliche, ben diversamente efficienti, erano quotidianamente a confronto, ciascu-
             na con le proprie esigenze, il proprio modus operandi, la propria parte di pregiudizi
             e, soprattutto, i propri ordini.
                È giusto rilevare tuttavia che se mancò la costituzione di un alto comando integrato
             italo-tedesco, a livello operativo e tattico non mancarono strette collaborazioni tra
             gli eserciti dell’Asse, che videro la dipendenza di grandi unità germaniche a livello
             di divisione da comandi d’armata italiani (in Tunisia e Sicilia) e lo schieramento in
             linea di capisaldi italiani a livello di battaglione intervallati con quelli tedeschi di
             analoga consistenza organica.




             Italia e Germania nei Balcani


                Esaminata nel settore balcanico, la collaborazione militare italo-tedesca appare
             nei suoi diversi aspetti, ancora più problematica e articolata.
                Da principio, la politica tedesca aveva riservato ai Balcani una attenzione appa-
             rentemente secondaria, essendo prioritarie le rivendicazioni territoriali e l’espan-
             sione economica nell’Europa centro-orientale. Il Mediterraneo non era fra gli ob-
             biettivi a breve scadenza del Reich.
                Questo indirizzo della politica tedesca non era tuttavia condiviso da tuti a Ber-
             lino. Alcuni  esponenti  nazisti,  soprattutto  fra gli  austriaci,  consideravano  l’area
             danubiana  come  una  tradizionale  appendice  del  mondo  tedesco,  e  ritenevano  il
             “Reich Millenario” come il legittimo erede dell’impero degli Asburgo in quella re-
             gione. Altri, fra i militari in special modo, consideravano invece i Balcani come una
             indispensabile retrovia in vista di una futura campagna ad est. Ciò sia per la presen-
             za dei pozzi petroliferi romeni, essenziali per la macchina bellica tedesca, sia per
             il pericolo che la Gran Bretagna potesse, come già nella Grande Guerra, porre un
             piede nei Balcani aprendo un pericoloso fronte sul fianco meridionale dell’Europa.
                Da parte italiana i Balcani rappresentavano un obbiettivo al tempo stesso più

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