Page 97 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti con l’alleato tedesco


             Soldati


                Sul fronte balcanico soldati italiani e tedeschi ebbero minori occasioni di venire
             a contatto rispetto all’Africa e alla Russia, ma tali occasioni non furono rare, e fu-
                                                                  49
             rono nel complesso meno problematiche di quanto si creda . Il primo incontro fra
             truppe italiane e tedesche avvenne nei giorni finali dell’invasione della Jugoslavia.
             Il solito Diario di Ciano da di quell’incontro una versione amara e sgradevole,
             quasi un preludio dei difficili rapporti futuri. I tedeschi infatti, come avrebbero
             fatto anche in Grecia, impedivano agli italiani di proseguire oltre: al di là era già
             territorio della Wehrmacht. Scrive Ciano al 26 aprile 1941: «Persino Farinacci mi
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             telefona per deplorare l’atteggiamento tedesco. Perché lo faccia lui ce ne vuole» !
                Tuttavia la maggioranza delle testimonianze conferma che, almeno da principio,
             gli italiani non ebbero netta ostilità nei confronti degli alleati.
                Sebbene non ci siano molte fonti a questo proposito, e la maggior parte di quelle
             disponibili sia costituita da una memorialistica mediata dagli anni trascorsi, si può
             dire che i principali sentimenti dei soldati italiani verso l’alleato tedesco fossero
             invidia e diffidenza.
                In genere, la prima reazione suscitata dai tedeschi negli italiani era l’invidia.
             Dell’alleato il soldato italiano ammirava l’organizzazione efficiente e la larghezza
             di mezzi, oltre che l’armamento visibilmente più moderno. Anche se costituita in
             maggioranza da contadini appena alfabetizzati, la fanteria italiana era infatti ben in
             grado di distinguere, ad esempio, la differenza che passava fra le moderne cucine
             campali tedesche e quelle in uso al Regio Esercito, e lo stesso valeva per le unifor-
             mi e gli equipaggiamenti.
                Quando le esigenze della guerra ai partigiani portarono poi i due eserciti dell’As-
             se a cooperare, l’ammirazione non poté che crescere, non tanto per le ottime armi
             in dotazione all’alleato ma per il suo differente modello di organizzazione interna.
             Nelle loro memorie infatti soldati italiani rimarcano spesso come gli ufficiali tede-
             schi vivessero molto più a contatto della truppa, ne condividessero il rancio, e in
             combattimento fossero sempre nel vivo dell’azione .
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                Persino un ufficiale della Pubblica Sicurezza italiana, presente in Jugoslavia con
             un battaglione di PS mobilitato, non poteva fare a meno di notare nella sua relazio-
             ne che il presidio tedesco di Novisiri, dove un plotone italiano aveva trovato riparo,
             fosse potentemente difeso con reticolati e armi automatiche, chiara allusione al



             49  DAVIDE RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia
                fascista in Europa. (1940-1943). Torino, Bollati Boringhieri, 2003, p. 222.
             50  G. CIANO, Diario, cit., p. 505.
             51  A. OSTI GUERRAZZI, Noi non sappiamo odiare, cit., pp.208-209, e p. 222.

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