Page 95 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti con l’alleato tedesco


             riguardo. Esso  è citato nei documenti militari italiani ed è riportato nelle sue me-
             morie da Ajmone Finestra, un ufficiale italiano poi aderente dalla RSI e quindi non
             sospetto di germanofobia.
                Come è noto l’operazione Weiss, lanciata alla fine del 1942,  mirava a distruggere
             le formazioni titine radicatesi nell’Erzegovina con una serie di attacchi concentrici da
             parte dei tedeschi da nord e da est e degli italiani da ovest.
                I partigiani tentarono di sottrarsi all’accerchiamento con una disperata offensiva
             a sud, verso le posizioni italiane nella Bosnia sud-orientale, per aprirsi il cammino
             verso il Montenegro. Il settore, tenuto dalla divisione Murge, cedette fra Prosor e
             Jablanica, dove i presidi italiani furono sopraffatti e gli ufficiali uccisi. Il leader cet-
             nico Mihajlovic, arroccato nella regione fra Bosnia orientale  e Montenegro, aveva
             però inviato le proprie forze a sbarrare la strada ai partigiani di Tito e agevolarne la
             distruzione, da lui considerata prioritaria sulla lotta ai tedeschi.
                 I titini trovarono così sul monte Prenj un reparto di cetnici che impediva loro
             il passaggio della Nerenta/Neretva. Ne scaturì una violentissima battaglia decisa
             dall’arrivo delle forze tedesche che attaccarono alle spalle i cetnici, disperdendoli e
             consentendo ai titini di aprirsi la strada .
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                «Il comportamento contraddittorio nell’ultima fase della Weiss ii», conclude
             Finestra, «ingenerò nell’alleato italiano il sospetto dell’ambivalenza della politica
             germanica nei Balcani» .
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                Tale sospetto, per altro, non può a posteriori ritenersi ingiustificato. È infatti
             provato che nel 1943 i tedeschi già in molte occasioni si avvalevano della coopera-
             zione dei cetniĉi, come i comandi italiani in Croazia rilevavano in diversi rapporti
             a Roma, ed avevano iniziato a praticare una politica differente nei confronti della
             popolazione serba . Tanta intransigenza nei confronti delle bande armate dal Regio
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             Esercito, unitamente all’appoggio dato alla politica anti-italiana del Governo cro-
             ato,  non poteva in effetti avere altro obbiettivo se non quello di isolare del tutto il
             già indebolito alleato e inglobarne l’intera struttura militare nei Balcani nel sistema
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             di occupazione tedesco .
             44  Vedi: GINO BAMBARA, La guerra di liberazione nazionale in Jugoslavia. 1941-43. Mila-
                no, Mursia, 1998, p. 36.
             45  Fu proprio in seguito a questi fatti che ebbero luogo le offerte da parte jugoslava di collabora-
                zione con i tedeschi. A. FINESTRA, Dal fronte jugoslavo alla Val d’Ossola, cit., pp. 54-56.
             46  Questo l’incipit di un manifesto tedesco affisso nella città di Banja Luka la cui traduzione
                venne inviata a Roma da Roatta: “Cetnici! Voi, finora, vi siete comportati lealmente verso le
                forze armate tedesche e croate, anzi ci avete aiutati nella lotta contro i partigiani. […] Conti-
                nuate ad essere leali e ad attendere tranquilli ai vostri lavori”. AUSSME, Fondo M-3, B. 20,
                fasc. 11, “Rapporti trasmessi R. Missione Militare in Croazia circa l’atteggiamento dei CET-
                NICI in Jugoslavia e sviluppo della situazione in Croazia dopo il 25 luglio”. Sul mutamento
                della politica tedesca vedi anche J. BURGWYN, L’Impero sull’Adriatico, cit., pp. 372-373.
             47  Il generale Roatta inviò “a titolo informativo” al Comando Supremo un elenco di decine di

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