Page 93 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti con l’alleato tedesco


                Al di là della sua narrazione strumentale, il comportamento italiano favorevole
             agli ebrei jugoslavi e alle milizie serbe fu il principale motivo di scontro coi te-
             deschi, che vi sospettavano una machiavellica manovra italiana di indecifrabile
             doppiezza.
                Roatta racconta come una volta Goring lo esortasse affinché “«una di queste
             mattine» avendo il Mihajlovic a colazione da lui, dopo il caffè lo facesse impicca-
             re”.
                “Evidentemente”, conclude il generale, “Goering supponeva che il Mihajlovic
             convivesse o quasi con il Comando di Armata” .
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                Anche nelle memorie del generale Berardi, comandante della divisione Sassari,
             il problema dei cetniĉi è ancora una volta centrale nei dissidi italo-tedeschi. Una
             volta, pianificando una azione congiunta durante la Operazione Weiss, il generale si
             sentì rispondere da un collega tedesco: «Non adoperateli perché noi non facciamo
             distinzione, noi li fuciliamo»” .
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                La contrarietà degli ufficiali italiani, occorre aggiungere, era ampiamente pro-
             vocata dall’atteggiamento tedesco, che nel suo complesso non nascondeva al di là
             della correttezza formale  un sostanziale disprezzo per l’alleato.
                Gli insuccessi patiti dalle armi italiane nella prima parte della guerra avevano
             già danneggiato fortemente l’immagine, di per sé non rosea, del soldato italiano
             presso i tedeschi.
                Le intercettazioni delle conversazioni dei prigionieri, compiute dai britannici
             nei loro campi di prigionia, sono a questo riguardo rivelatrici dello spirito che ani-
             mava i “camerati germanici” a proposito degli italiani già dal 1941 e che sarebbe
             rimasto tale per tutta la guerra. Nessuno degli intercettati era stato catturato nei
             Balcani, ma molti vi erano stati e altri avevano certo raccolto le confidenze di chi
             vi aveva combattuto.
                Lo studio di Sonke Neitzel e Harald Welzer ce ne fornisce un esaustivo campio-
             nario: per i tedeschi gli italiani “non hanno nessuna voglia di fare la guerra”, “non
             hanno alcuna fiducia in se stessi”, “si arrendono davanti a qualsiasi inezia”, sono
             dei “rammolliti”. Un generale asserì ironicamente che se mai gli italiani avessero
             invaso la Baviera “sarebbe bastata la Lega delle ragazze tedesche a fermarli” .
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                Un’altra testimonianza sugli italiani è data da un testo redatto nel 1944 da un
             ufficiale delle SS, avente per oggetto la guerra alle bande partigiane nel retroter-
             ra fiumano. Il testo, che peraltro ha una impostazione favorevole ai serbi, ignora
             pressoché del tutto l’azione e la presenza italiana in Croazia. I pochi accenni de-

             36  Ivi, p. 176.
             37  A. OSTI GUERRAZZI, Noi non sappiamo odiare, cit., p. 272.
             38  SONKE NEITZEL, HARALD WELZER, Soldaten. Uccidere combattere morire. Milano,
                Garzanti, 2011, pp. 302-303.

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