Page 89 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti con l’alleato tedesco


             Pietromarchi, era a sua volta impegnato nel difficile compito di tutelare la posizio-
             ne italiana a Zagabria e a rappresentarne le esigenze presso lo stesso Mussolini. Il
             diplomatico romano riscontrava a propria volta  il fallimento della politica italiana
             in Croazia e cercava una strada per poterla riattivare. Egli però vedeva nei tedeschi
             una soluzione e non un problema. A suo giudizio infatti la politica indipendente
             e filo-serba dei militari nei Balcani aveva compromesso sia i rapporti con i croati
             che quelli con l’alleato maggiore. Pur non essendo un filo-tedesco, Pietromarchi
             aveva come duplice obbiettivo combattere il comunismo, da lui individuato come
             il principale avversario dell’Italia e della civiltà europea, e ottenere il rispetto delle
             priorità italiane, e ciò lo portò a cercare l’intesa con i tedeschi e a intercedere presso
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             Mussolini affinché richiamasse all’ordine la 2ª Armata .
                Quest’ultima, che come abbiamo visto già con Ambrosio faceva una politica
             anti-croata e filo-serba, agiva in effetti in contrasto con le direttive del Ministero
             degli Affari Esteri e dello stesso Mussolini. Ambrosio fu sostituito proprio perché
             non piaceva ai tedeschi per la sua ostilità verso i Croati, ma i comandi subordi-
             nati di corpo d’armata e di divisione erano sulla stessa linea e Roatta non tardò a
             conformarvisi. Nella frammentarietà della situazione politico-militare in Croazia,
             l’atteggiamento dei comandi militari sul campo aveva molta influenza, e ad essi
             era riconosciuta nei fatti una grande autonomia, anche “politica”, che in alcuni casi
             rasentò la disobbedienza agli ordini.
                Le aspettative di Pietromarchi erano però destinate ad andare deluse. La politica
             di Berlino, dopo aver lasciato agli italiani per due anni un ruolo nei Balcani, era
             quella di assumere su di sé il controllo della regione.
                A precipitare la situazione giunse infatti la ripresa in grande stile delle offensive
             partigiane che, nel 1942, con la conquista di Bihac e Slunj, riuscirono ad unificare
             i territori sotto il loro controllo dalla Bosnia settentrionale fino ai confini del Mon-
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             tenegro .
                L’avanzata dei partigiani, che arrivarono a controllare una rilevante porzione del
             territorio croato-bosniaco, unita al rischio di uno sbarco alleato nei Balcani, indus-
             sero i tedeschi a progettare una serie di operazioni mirate a debellare la resistenza
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             jugoslava . A Roma non restò che cooperare o venire scavalcata.
                I tedeschi del resto facevano delle loro intromissioni nella sfera italiana una
             questione squisitamente tecnica e militare. Assicuravano di non avere intenzione di
             soppiantare gli interessi italiani, ma ribadivano che durante la guerra le necessità di
             questa dovessero imporsi a quelle della politica.

             22  J. BURGWYN, L’Impero sull’Adriatico, cit., pp. 380-381.
             23  Tale mossa era stata preceduta dalla decisione dei vertici militari italiani di ridurre il numero
                dei presidi affidandoli ai croati. L. MONZALI, La difficile alleanza con la Croazia ustascia,
                cit., p. 115.
             24  Ivi, p. 117.

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