Page 92 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Il Regio Esercito in Croazia. 1941-1943. Stategie di occupazione e politica delle nazionalità


            Generali e ufficiali


               Se i rapporti politici fra italiani e tedeschi nello scacchiere croato furono fin da
            subito improntati alla diffidenza, nel campo militare parve in un primo momento
            che le cose potessero andare diversamente.
               Il generale Roatta ammette nelle sue memorie che il primo impatto della colla-
            borazione italo tedesca non fu infelice, almeno fino a quando la decisione di inter-
            venire congiuntamente in Croazia non portò le zone di occupazione militare italia-
            na e tedesca a confinare direttamente, e le due parti a dover elaborare una strategia
            comune .
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               Roatta tuttavia ricopriva in quel momento la carica di Capo di Stato Maggiore
            dell’Esercito, e quindi non si trovava in Croazia a diretto contatto con la situazione
            sul campo. Quando nel gennaio 1942 vi giunse come comandante della 2ª Armata,
            le frizioni con gli alleati erano già aumentate, sia per la protezione accordata dagli
            italiani agli ebrei, sia per la decisione italiana di armare i miliziani serbi contro i
            partigiani.
               Roatta fin dall’inizio comprese che la soluzione alla ribellione nei territori dello
            Stato Indipendente Croato doveva essere politica e, in un certo limite, compromis-
            soria. Tale soluzione, pur perseguendo la guerra senza quartiere ai partigiani, avreb-
            be dovuto includere i serbi disposti a combattere contro il comunismo e riservava
            alla comunità ebraica un trattamento equo, come prova per tutti che coloro che non
            osteggiavano le truppe dell’Asse non avevano nulla da temere.
               I tedeschi al contrario insistevano su una soluzione di radicale brutalità, che
            prevedeva da un lato l’estirpazione della guerriglia e dall’altro la pura eliminazione
            delle popolazioni serba ed ebrea di Bosnia, considerate il pericolo principale per
            l’ordine tedesco nei Balcani. Non poteva esservi disaccordo più grande. Gli italiani
            stavano in sostanza combattendo la loro guerra “attingendo a quelle riserve umane
            che Hitler aveva destinato all’annientamento” .
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               Nel suo libro di memorie il generale italiano tende ovviamente a mettere in
            risalto la propria opera di opposizione ai tedeschi e di protezione delle minoranze
            perseguitate, giungendo a citare episodi sulla cui autenticità si può anche avanzare
            delle riserve, come nel caso in cui Roatta rifersice di aver minacciato a Pavelic il
            bombardamento di Sarajevo «sebbene questa fosse al di là della «linea di demar-
            cazione» italo-germanica, e vi risiedesse il comando di una divisione tedesca».
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            33  .“Inizialmente e per diverso tempo, non si verificarono interferenze e frammischia menti fra
               i Comandi e le Unità germanici e italiani. Ma poi, come vedremo, le cose cambiarono”. M.
               ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 171.
            34  J. STEINBERG, Tutto o niente, cit., pp. 49-50.
            35  M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 171.

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