Page 94 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Il Regio Esercito in Croazia. 1941-1943. Stategie di occupazione e politica delle nazionalità
dicati all’ex-alleato italiano sono per addossare a Roma gli errori che hanno con-
dotto la situazione al caos o per rimarcare la“notevolissima ignoranza dell’italiano
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medio” . Persino la persecuzione dei serbi è addebitata all’Italia .
Dal canto loro gli ufficiali italiani addebitavano alla eccessiva durezza tedesca
gran parte del successo del movimento partigiano, pur dovendo rendersi conto che
i tedeschi erano effettivamente più temuti di loro . La durissima repressione ita-
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liana del 42-43, sollecitata e organizzata dallo stesso Roatta con le note circolari
operative del 1942, fu appunto il tentativo di acquisire da parte del Regio Esercito
una credibilità come forza occupante attraverso l’uso della forza, ed in certa misura
fu probabilmente motivata dalla necessità di mostrarsi “padroni” non meno dei
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tedeschi .
Con le grandi operazioni di rastrellamento del 1942-43 italiani e tedeschi ven-
nero sempre più a contatto, e l’atteggiamento provocatorio tedesco andò aumentan-
do: sconfinamenti non autorizzati, uccisione di cetniĉi alleati degli italiani, rifiuto,
anche da parte di reparti minori, di rispondere ai comandi del Regio Esercito. Tutto
ciò ebbe inevitabilmente una ricaduta negativa nei rapporti fra i soldati e finì per
scavare un solco fra le due parti, i cui contatti reciproci, anche ad alto livello, di-
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vennero sempre più spigolosi .
Così come i tedeschi sospettavano, senza troppo nasconderlo, che gli italiani
facessero un doppio gioco con i serbi di Mihajlovic, allo stesso tempo gli italiani
presero a sospettare che una deliberata politica tedesca mirasse a danneggiare la
loro posizione in Croazia, persino con la complicità dei partigiani di Tito.
Un episodio accaduto nel corso della operazione Weiss può essere esemplare a
39 A. POLITI, Le dottrine tedesche di controguerriglia, cit., pp. 163 e 482.
40 Ivi, p. 324.
41 Un ufficiale italiano riferiva come a Mostar il precedente passaggio dei tedeschi avesse la-
sciato “retaggi di carattere economico poco graditi per il pagamento di merci anche indivi-
dualmente acquistate con buoni in carta semplice che non furono mai pagati”. Aggiungeva
però: “Era opinione di tutti i militari italiani che il nostro sistema di governo era troppo im-
perniato sulla benevolenza e poteva essere interpretato come segno di debolezza”. ASMAE,
DAP 46-50, Jugoslavia, B. 4, Documentazione sulle atrocità e illegalità commesse in nostro
danno da Jugoslavi. “Relazione del Cap. dei C.C. r. c. Guzzardi Clemente in servizio all’ae-
roporto di Mostar dal maggio 41 all’aprile 42”.
42 J. BURGWYN, L’Impero sull’Adriatico, cit., pp. 368-371.
43 Quando Hitler decise che il comando delle truppe dell’Asse nei Balcani sarebbe stato as-
sunto dal feldmaresciallo Alexander Löhr, lo fece semplicemente comunicare al maresciallo
Cavallero, Capo dello Stato Maggiore Generale italiano, dal proprio rappresentante militare,
il feldmaresciallo Albert Kesselring, con richiesta di informarne Mussolini. Cavallero ne fu
indignato e protestò vivacemente, ma il dato di fatto rimase. J. STEINBERG, Tutto o niente,
cit., p. 193.
94 Capitolo quinto

