Page 156 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    Fallita l’idea di arruolare un secondo contingente, Manera comunque non
                 cessò la propria opera di ricerca di altri prigionieri redenti nei territori dell’E-
                 stremo Oriente. Essa venne allargata ad altri campi dei quali Manera aveva
                 avuto notizia e persino alla Legione serba di stanza a Tomsk, dove si diceva che
                 200 italiani fossero arruolati, e presso la quale venne inviato lo stesso Bazzani.
                    La Legione serba di Tomsk era parte di quel contingente serbo-yugoslavo di
                 cui Fassini Camossi aveva imposto la partenza da Omsk alcuni mesi prima, e
                 si può immaginare con quale favore il loro comandante abbia accolto l’arrivo
                 dell’ufficiale, la cui ricerca di italiani fra i soldati del contingente slavo provocò
                 una violenta reazione da parte dei serbi, che arrivarono a minacciarlo di arre-
                 sto. Per evitare ulteriori complicazioni fu necessario l’intervento del generale
                 francese Janin, a seguito del quale Bazzani fu richiamato a Vladivostok con la
                 garanzia che gli italofoni sarebbero stati liberi di lasciare il contingente.
                    La compagnia armata della Legione redenta fu dunque l’unico reparto, di
                 circa cento uomini che la Missione Militare riuscì ad armare, troppo pochi per
                 farne un terzo battaglione per il Contingente, ma sufficienti per affiancare il
                 Distaccamento italiano di Vladivostok nelle operazioni di presidio. Contraddi-
                 stinti dalle mostrine rosse i redenti furono destinati al presidio dei depositi di
                 Ciurkin, una penisola di fronte Vladivostok che divide la baia del Corno d’Oro
                 da quella di Diomede, divenuta il rifugio di tutti i malviventi che scappavano
                 dalla città .
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                    Impegnati in combattimento una sola volta da una banda di razziatori, gli uo-
                 mini dettero buona prova meritando l’elogio del comandante della guarnigione.
                    Anche le altre truppe italiane a Vladivostok avevano del resto il loro da fare.
                 Per tutti i mesi della presenza italiana infatti, la città rimase sempre divisa in
                 due: da una parte i sobborghi operai e portuali, fedeli ai bolscevichi, dall’altra
                 il centro della città e le caserme, presidiate dal Contingente internazionale, in
                 seno al quale era stato costituita il 18 gennaio 1919 una Polizia Internazionale
                 con il compito di garantire l’ordinato, per quanto possibile, svolgimento della
                 vita civile .
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                    ponesi. Scomparirà nel 1940 in circostanze mai accertate, probabilmente eliminato dalla polizia
                    segreta nipponica. Il nome “Vespa” ricorre più volte nella corrispondenza di Fassini Camossi con
                    la Missione a Vladivostok, ed anche se il nome di battesimo non è mai citato è certo che si tratti
                    del cagliostresco avventuriero abruzzese.
                    Sulla vicenda di Compatangelo vedi anche: ROBERTO MENDOZA, Andrea Compatangelo. Un
                    capitano dimenticato. Roma, Aracne, 2014.
                 273  Relazione del maggiore Manera sulla Legione Redenta alla Missione militare in Siberia. Vladi­
                    vostok, 23 gennaio 1920, pp. 6­7. AUSSME, F­3, B. 272.
                 274  G. BAZZANI, Soldati italiani, p. 299.


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