Page 151 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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spacciarsi per abitanti del Tirolo meridionale. Manera escogitò un meccanismo
che gli avrebbe consentito di impiegare profittevolmente gli uomini raccolti,
separando gli italiani per convinzione da quelli per convenienza .
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Una commissione avrebbe valutato la posizione di tutti coloro che si fossero
dichiarati italiani, approfondendo la loro comprensione della lingua italiana o
del dialetto, e accettando solo coloro che fossero nati o residenti in provincie
appartenenti al Regno d’Italia. Con i nuovi arrivati si sarebbe quindi dovuto
costituire un secondo distaccamento militare di ex-prigionieri, i quali però sa-
rebbero stati chiamati “Redenti” e non “Irredenti”, e sarebbero stati impiegati
nelle future operazioni militari.
Benché Valdivostok fosse una retrovia, la situazione in città era infatti tutt’al-
tro che tranquilla ed un incremento del contingente italiano sarebbe stato op-
portuno. La presenza di partigiani bolscevichi nella campagna e l’ostilità di una
parte della popolazione verso l’occupazione straniera rendevano infatti ancora
pericolosa la posizione degli Alleati. Ancora per tutta l’estate 1918 l’occupazio-
ne della provincia dell’Amur si estendeva esclusivamente alla sola Vladivostok
e ad una linea di stazioni ferroviarie fino alla frontiera manciuriana, dove il
tronco meridionale della Transiberiana proseguiva per poi rientrare in territorio
russo presso Irkutsk. I bolscevichi approfittavano di questo stato di cose per
riorganizzarsi e portare attacchi continui sia alla ferrovia sia alla periferia del-
la stessa Vladivostok. L’intensità di tali attacchi si accrebbe notevolmente nei
primi mesi del 1919, ma già il 21 novembre, lo stesso giorno dell’arrivo degli
italiani a Krasnojarsk, 20 carabinieri con due plotoni britannici ed una compa-
gnia giapponese avevano sostenuto uno scontro con una banda bolscevica nel
sobborgo operaio di Suchon, roccaforte clandestina dei bolscevichi della città,
e nell’azione si era distinto il tenente D’Andrea, che venne citato dal bollettino
del comando giapponese .
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La buona prova offerta dagli italiani in questa occasione e i complimenti ri-
cevuti incoraggiarono Manera ad insistere sulla creazione di un reparto ad imi-
tazione dei battaglioni neri. Il tenente colonnello Filippi fu d’accordo e ottenne
l’approvazione tanto da Roma che dal Comando interalleato di Vladivostok.
Nell’ambito della costituzione del reparto, che si sarebbe chiamato Legione
redenta, Manera ritenne che sarebbe stato utilissimo il battaglione Samara, in
263 È molto probabile, tenendo conto che alla fine della Missione saranno rimpatriati in tutto 4.125
uomini e che di questi 3.200 provenivano dai campi di prigionia in Ucraina e circa 500 facevano
parte delle truppe inviate dall’Italia, che non più di 400/500 di tutti questi ultimi arrivati fossero
effettivamente sudditi italiani.
264 AUSSME, E8, B. 95, Notizie politiche sulla Russia, p. 24.

