Page 154 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    La difficoltà di rapportarsi con i redenti da parte degli ufficiali appena arri-
                 vati fu chiara fin dai primi giorni ed il risultato fu che la raccolta delle adesioni
                 fu dapprima assai scarsa.
                    Alcuni  uomini  rifiutavano  persino  di  firmare  per  la  cittadinanza  italiana,
                 preferendo rimanere nella condizione di internati piuttosto che ricominciare a
                 combattere. Solo dopo molte spiegazioni si riuscì a convincerli che la profes-
                 sione di italianità non avrebbe comportato l’arruolamento forzato, come invece
                 era capitato a suo tempo per i cechi. Tale inizio tuttavia maldispose molti degli
                 ufficiali appena arrivati, che si aspettavano ben altro entusiasmo da parte dei
                 nuovi cittadini del Regno.
                    Con poca indulgenza per le traversie che questi ultimi avevano passato, gli
                 incaricati di raccogliere le adesioni tacciavano infatti di ingratitudine i non op-
                 tanti, o accusavano quanti parlavano solo il dialetto e non comprendevano l’i-
                 taliano di essere austriaci travestiti, in qualche caso minacciavano il ritorno al
                 campo di prigionia. Questo comportamento, lontano dallo spirito della Missio-
                 ne Speciale, venne fortemente censurato dai due ufficiali più vicini ai redenti,
                 i trentini Bazzani e Cassetti Albani, l’ultimo dei quali ebbe numerosi scontri
                 con il tenente dei Carabinieri Nicola Sinisi a causa dei sistemi inquisitori di
                 quest’ultimo, e che lasciò in seguito un resoconto molto critico dei fatti .
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                    Il tenente Cassetti Albani, già combattente nel Regio Esercito con i volontari
                 trentini, era giunto in Estremo Oriente assieme ai Carabinieri sul Roma, in com-
                 pagnia anche del maggiore Menotti Garibaldi, destinato al Comitato Tecnico
                 della Transiberiana. La sua impostazione tuttavia differiva sostanzialmente da
                 quella dei suoi compagni di viaggio, essendo egli stesso un irredento compren-
                 deva più a fondo la difficile condizione mentale e spirituale dei nuovi sudditi
                 italiani, reduci da anni di squallida prigionia .
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                    L’intero progetto minacciava in effetti di naufragare, tanto che a un dato pun-
                 to lo stesso Manera dovette intervenire per indurre a maggiore comprensione
                 gli ufficiali .
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                 266  “Relazione sulla Missione Militare italiana per i prigionieri di guerra in Russia”. AUSSME, L­3,
                    B. 76, fasc. 6.
                 267  G. BAZZANI, Soldati italiani, cit., p. 286.
                 268  “Il lungo periodo di prigionia trascorso in ambienti inquinati da idee malsane influì alquanto sul
                    morale di alcuni, che però nelle nuove condizioni di vita in cui vennero a trovarsi, andarono man
                    mano migliorando, spinti anche dall’esempio della maggioranza dei loro compagni”. Relazione
                    del maggiore Manera sulla Legione Redenta alla Missione militare in Siberia. Vladivostok, 23
                    gennaio 1920, p. 9. AUSSME, F­3, B. 272.


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