Page 52 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    Il 18 febbraio, di fronte al rifiuto tedesco di ridurre le proprie richieste, il Com-
                 missario agli Esteri giocò l’ultima carta disponibile: dichiarò unilateralmente la
                 cessazione delle ostilità e iniziò l’immediata smobilitazione dell’esercito russo.
                    I comandi tedeschi non tennero nessun conto di questa mossa e iniziarono anzi
                 una avanzata generale nel cuore della Russia, giungendo rapidamente alle porte
                 di Pietrogrado, prudenzialmente già abbandonata da Lenin a favore di Mosca.
                    Furono proprio queste notizie a spingere Lenin a cedere infine alle richieste
                 di Berlino. Sia che avesse previsto la vittoria alleata, sia che, come quasi tutti,
                 credesse in una ulteriore durata pluriennale del conflitto, il dittatore sovietico
                 ritenne preferibile guadagnare tempo in cambio di spazio, secondo la massima
                 napoleonica .
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                    Lenin dovette imporsi per forzare a questa decisione i quadri del partito che
                 credevano ancora nella imminenza della rivoluzione in Germania e Austria.
                 Moseij Urickij, che sarà poi uno degli uomini forti dei bolscevichi, rilevò fin dal
                 1915-16 “tendenze nazionali” nel concetto leninista di rivoluzione. Un altro fu-
                 turo leninista di ferro, Felikis Dzerziskij, considerava la pace “una capitolazio-
                 ne si tutto il programma” e anche Nicolaj Bucharin la riteneva una sconfessione
                 della rivoluzione. Stalin si schierò invece dalla parte di Lenin. Quest’ultimo so-
                 stenne, con logica difficilmente contestabile, che proseguire la guerra avrebbe
                 voluto dire aiutare a vincere le potenze dell’Intesa, non meno capitaliste e impe-
                 rialiste della Germania. E questo a prezzo, probabilmente, della sopravvivenza
                 del potere sovietico . Trockij, che sull’argomento aveva polemizzato con Lenin
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                 nel 1915, si schierò alla fine per la pace, sia pure con molte riserve e unicamente
                 come espediente tattico temporaneo .
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                    Commenterà amaro: “gli uomini non fanno la rivoluzione più volentieri di
                 quanto non facciano la guerra. La rivoluzione scoppia quando non c’è altra
                 via”. Bisognò dunque rassegnarsi a firmare, cosa che fu fatta il 3 marzo 1918  .
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                    Con la pace di Brest-Litovsk la Germania riuscì dunque a procurarsi effetti-
                 vamente per breve tempo quell’impero est-europeo che era da tempo l’obbiet-
                 tivo dei circoli nazionalisti tedeschi, e che poi sarebbe stata anche l’ossessione
                 omicida, e suicida, della politica nazista, con la sua marcia verso est .
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                 75  H. C. D’ENCAUSSE, Lenin, p. 275.
                 76  P. MELOGRANI, Il mito della Rivoluzione mondiale, cit., pp. 8­9.
                 77  Ivi, p. 10
                 78  Ivi, p. 5.
                 79  O. FIGES, La tragedia di un popolo, cit., p 662­663.


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