Page 270 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            noscimento in denaro dalla Reale Accademia d’Italia. Nel secondo dopoguerra le opere di Sora si ispirarono alle forme del-
            l’arte classica del Quattrocento italiano e in quel periodo prese parte a numerose mostre di Arte Sacra con dipinti di argomento
            religioso. Dai primi anni Cinquanta si dedicò alla tecnica dell’affresco, di cui divenne un apprezzato esecutore, tanto che nel
            1975 ottenne per i suoi numerosi lavori il Premio Ginestra d’oro della città di Ancona.


            PINO STAMPINI (SANTHIÀ, VERCELLI, 1905 – ROMA, 1992)
            Interruppe giovanissimo gli studi per aderire al Movimento dei Sindacati Artistici Futuristi Torinesi e successivamente si
            iscrisse all’Accademia Albertina dove frequentò i corsi di pittura e architettura. Dopo aver partecipato alla Mostra Sindacale
            di Torino nel 1929 con opere grafiche, negli anni Trenta si dedicò con maggiore convinzione alla xilografia e i suoi lavori ot-
            tennero l’apprezzamento, tra gli altri, di Mino Maccari. Con questa tecnica espressiva ottenne nel 1932 con la sua opera Gli
            eredi di Mussolini un premio alla Biennale di Venezia per la celebrazione del decennale del Fascismo. Collaborò successivamente
            con La Stampa e con il Corriere della Sera e alla fine degli Anni Trenta realizzò un basso rilievo per la casa dello studente del
            Gruppo Universitario Fascista torinese. Nel secondo dopoguerra, alla sua attività di incisore e pittore affiancò anche quella
            di giornalista e di pubblicitario cinematografico.

            LUIGI STRACCIARI (PADOVA, 1900 – PINETA DI SORTENNA, SONDRIO, 1943)

            Figlio del noto baritono Riccardo, terminati gli studi presso il Collegio Cicognini di Prato, a soli diciassette anni prese parte
            ad una spedizione in Siberia. Al ritorno, indirizzato dal padre, si dedicò alla scenografia e agli allestimenti teatrali collaborando
            con diversi teatri francesi, italiani, inglesi e con il Metropolitan di New York. Solo a partire dal 1925 si dedicò allo studio
            della pittura sotto la guida di Jules Pierre van Biesbroeck, un giovane e affermato artista fiammingo. Nel 1927 espose così
            per la prima volta delle sue opere a Fiume e l’anno successivo prese parte all’Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle
            Arti di Roma. Nel 1933 espose a Sanremo e fu poi uno dei pittori premiati al concorso “La Guerra e la Vittoria”, e succes-
            sivamente, nel 1939, partecipò al Premio Cremona con il dipinto di soggetto del tutto diverso “Ascoltando la radio. Parla il
            Duce” con cui ottenne il secondo premio.

            ROBERTO TERRACINI (TORINO, 1900 – IVI, 1976)

            Studiò all’Accademia Albertina di Belle Arti e, dimostrando un precoce talento, lavorò da giovane nello studio di Leonardo
            Bistolfi. Dopo un soggiorno di alcuni anni a Firenze e Roma, dove frequentò la British Academy of Arts, rientrato nella sua
            città natale, continuò qui la sua attività artistica. Nel 1933 prese parte a Firenze alla I Mostra del Sindacato Nazionale Fascista
            di Belle Arti, un evento culturale di rilievo nazionale cui parteciparono oltre novecento artisti italiani. Nel 1934 e nel 1936
            espose alla Biennale di Venezia. Dal 1938 per le leggi razziali non poté più prendere parte ad alcuna esposizione nazionale
            o partecipare ai bandi di concorsi pubblici. Durante la Repubblica Sociale Italiana riuscì a nascondersi a Rorà, un piccolo
            comune in Val Pellice. Con la fine della guerra Roberto Terracini rientrò a Torino, riprese la sua attività di scultore e ottenne
            la cattedra di Modellato nell’accademia dove aveva studiato. Realizzò opere monumentali in Argentina e, in occasione del
            centenario dell’Unità nazionale, nel 1961, eseguì due bassorilievi fonici per il Teatro Nuovo del capoluogo piemontese.


            ANTONIO TESTA (TORINO, 1904 – IVI, 2000)
            Si laureò in Giurisprudenza e successivamente in Filosofia all’Università degli Studi di Torino, ma i suoi veri interessi erano
            legati al mondo dell’arte. Così iniziò a frequentare lo studio del pittore torinese Alberto Rossi, un ritrattista stimato autore anche
            di scene di genere di carattere aneddotico. Il giovane Testa trovò in Rossi un punto di riferimento e lo seguì anche in diversi
            viaggi in Egitto da cui il pittore torinese trasse ispirazione per una nuova tematica orientalista. Di famiglia benestante, Testa
            compì anche numerosi viaggi in Europa, soggiornando in particolare a Londra e a Parigi dove entrò in contatto con le diverse
            correnti della pittura contemporanea. In Italia prese parte alle principali esposizioni nazionali concentrando molta della sua
            attività artistica su temi religiosi: nel 1933 esegui L’Ultima Cena, un dipinto di grandi dimensioni per la chiesa parrocchiale di
            Santa Caterina a Baldissero d’Alba, nel 1934 portò a termine l’intervento per l’abside della chiesa di San Giovanni de la Salle a
            Torino e poi, sempre nel capoluogo piemontese, terminò la decorazione della chiesa della Divina Provvidenza. Negli anni Ses-
            santa iniziò una proficua collaborazione con la Pia Società San Paolo in Alba che ebbe come esito finale un nuovo dipinto sul
            tema dell’Ultima Cena. Nell’autunno della sua vita riprese a dipingere ritratti, fiori e i paesaggi delle sue amate Langhe.
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