Page 11 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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IntroduzIone

            Sirtica, nella Marmarica e a ovest di Tripoli. Il Regio Esercito aveva quindi dovuto
            confrontarsi fin dal primo momento con questo particolare ambiente operativo,
            imparando nel contempo a fronteggiare un avversario che ove possibile evitava
            il contatto e ricorreva a forme di lotta tipiche di un contesto di guerriglia, basate
            sulla sorpresa, sulla mobilità e sulla conoscenza del terreno. Dopo le illusorie
            certezze date dalla positiva conclusione del conflitto con la Turchia nel 1912, e
            la relativa facilità con cui nel biennio successivo erano state raggiunte e occupate
            le principali località dell’interno della Tripolitania e del Fezzan, il riaccendersi
            della lotta in concomitanza con l’inizio della Grande Guerra aveva portato a
            un frettoloso e disastroso ripiegamento verso la costa, dove per diversi anni
            la  presenza  italiana  sarebbe  stata  limitata  ai  centri  più  importanti,  senza  o
            quasi profondità. Dai presidi della costa uscivano di quando in quando delle
            forti colonne che, senza mai allontanarsi più di un paio di giornate di marcia e
            disturbate lungo il cammino dagli attacchi dei ribelli che ne colpivano i fianchi e
            la retroguardia, non appena ultimata la missione tornavano a rinchiudersi dietro
            i fortini e i reticolati. I combattimenti di una certa importanza erano rari perché
            gli insorti, tempestivamente avvertiti dell’avvicinarsi delle colonne e addirittura
            della loro imminente uscita dalle posizioni fortificate della costa, evitavano di
            farsi agganciare, preferendo tentare di quando in quando qualche colpo di mano
            ai danni di distaccamenti isolati ed eseguire razzie intimidatorie contro quelle
            comunità locali che avevano fatto atto di sottomissione o rifiutavano di aderire
            alle richieste dei capi ribelli.

               Nell’immediato dopoguerra il progetto di risolvere la questione in Tripolitania
            con  l’impiego  massiccio  di  forze  di  tipo  convenzionale  fu  accantonato  per
            l’evoluzione della situazione politica nazionale e locale, ma nel frattempo si ebbe
            un cambiamento importante, con l’arrivo di ufficiali che sui campi di battaglia
            avevano  maturato  una  notevole  esperienza,  anche  in  termini  di  leadership,
            e  interiorizzato  un  modo  di  combattere  fondato  sull’uso  della  tecnologia
            più  avanzata  e  su  una  maggiore  autonomia  dei  diversi  livelli  di  comando.
            Molti  di  loro  avevano  un’apertura  mentale  che  consentì  di  innestare  queste
            particolari  competenze  nello  strumento  militare,  dalle  peculiari  caratteristiche
            e dalle dimensioni contenute, esistente sulla Quarta Sponda, incrementandone
            l’efficienza ben oltre le possibilità garantite da bilanci mai troppo abbondanti.
            Questo processo richiese del tempo e si sviluppò parallelamente alla cosiddetta
            “riconquista” – le operazioni di counterinsurgency che presero il via all’inizio del
            1922, sotto l’ultimo governo dell’Italia liberale – e si protrassero in Tripolitania
            fino al 1928, con una progressiva espansione della zona controllata per molti versi
            assimilabile a quel concetto della “goccia d’olio” teorizzato dalla scuola francese.
               Più rapido fu l’andamento delle successive operazioni nel Fezzan, concluse
            nel 1929, mentre uno sforzo maggiore richiese la Cirenaica, per il radicamento


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