Page 15 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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IntroduzIone

            stesso periodo dal 30% al 50% della benzina sbarcata in Libia venisse consumato
            dalle autocolonne di rifornimenti per andare da Tripoli al fronte e viceversa.
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            Rommel aveva chiesto all’alto comando dell’esercito tedesco un rinforzo di 8000
            autocarri, ma era una richiesta irricevibile nel momento in cui i quattro gruppi
            di armate operanti in Russia ne avevano in totale non più di 14.000. Nell’estate
            del 1942, con l’ulteriore allungamento delle linee di comunicazione, la situazione
            sarebbe  stata  di  gran  lunga  peggiore,  nonostante  Bengasi  fosse  in  grado  di
            assorbire un massimo di 2700 tonnellate di rifornimenti al giorno e Tobruk altre
            1000, a fronte di una capacità massima di Tripoli che era di 45.000 tonnellate.
            Non c’era quindi molto a disposizione per rilanciare in chiave offensiva l’azione
            delle truppe italiane del Sahara Libico, e non a caso dovettero essere accantonati,
            per ragioni di natura soprattutto logistica, anche i piani studiati per attaccare la
            linea di comunicazione dal Golfo di Guinea a Karthum attraverso il Ciad.
               Le operazioni che nel corso della Seconda guerra mondiale ebbero per teatro
            il Sahara Libico non hanno avuto la stessa rilevanza di quelle che si svolsero
            nella fascia costiera ma, nel riproporne lo stesso andamento periodico, ebbero
            un significato che andava oltre la necessità di coprire il fianco meridionale delle
            divisioni  operanti  lungo  la  costa.  Per  gli  italiani  si  trattava  di  difendere  una
            sovranità che si era consolidata da non più di una decina d’anni, per i francesi
            del  movimento  che  faceva  capo  al  generale  Charles  De  Gaulle  si  trattava  di
            ribadire con i fatti che la Francia aveva perduto una battaglia, non la guerra, che
            disponeva ancora di un esercito in grado di combattere e che, nonostante tutto,
            poteva recitare un ruolo autonomo rispetto all’alleato britannico, con tutte le
            conseguenze politiche del caso. Infine la conquista del Fezzan era vista come la
            premessa di un ampliamento dei possedimenti coloniali che avrebbe permesso
            di raccordare l’Algeria con l’Africa Equatoriale Francese.
               L’offensiva finale lanciata dal generale Leclerc nel dicembre del 1942 arrivò
            nel momento in cui le forze dell’Asse erano in ritirata verso la Tunisia, e il suo
            inizio anticipò di pochi giorni l’ordine di ripiegamento per le forze del Sahara
            Libico. Dal momento che non fu messo davvero alla prova, non si può quindi dire
            se il dispositivo creato nel frattempo dagli italiani per sbarrare le provenienze dal
            Ciad avrebbe o meno risposto allo scopo; quel che si può dire è che, pur fondato
            sull’utilizzo del binomio ali e motori, concretizzava un atteggiamento di tipo
            reattivo, in netta antitesi con quella che era stata negli anni Trenta la via italiana
            alla guerra nel deserto. Per continuare a percorrerla erano da tempo venute meno
            le premesse in termini di cultura organizzativa, e mancavano i mezzi e le risorse,
            non ultima la benzina.


            3   M. VAN CREVELD, Supplying War. Logistics from Wallenstein to Patton, Cambridge University
               Press, 2004, p. 190-193.


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