Page 48 - 1992 - XVIII Congresso Internazionale di Storia Militare
P. 48

14                                            PIP.K  LUIGI 6ERTINARIA

             E poiché quesra rinacque in l calia, è proprio dall'Italia che- non solo specu·
         lativamente- ripartÌ !"inversione  di  cendenzn che ripristinando il ruolo classico
         delle fumerie, cancellò  il  mostro  umano-equino del centauro  che aveva  dominato
         inconcrascaro  per quasi dieci  secoli.
             Dali'Icalia, dunque, culla culrurale dell'Europa e patria del massimo pensato·
         re  militare del  tempo  -  il MachiaveUi  -  e di Capimni  istruiti, si  propagò  nel
         com ineme un rinnovato  fervore che  riedifìcò  l'arte militare.  E ne derivarono le
         prime  virrorie  delle  fanterie  (Legnano,  Morganren,  Sempach,  Crécy,  Poitiér,
         Azincourt).
             Con la  comparsa dei grandi Capitani italiani maturati dal XlV al XV l  secolo
         (da Alberico da Barbiano ad Alessandro Farnese, da Forrebraccio da Montone ad
         Erasmo da Narni, da Federico di Montefelt.ro a Carlo Sforza, da Francesco Colon·
         na ad Ambrogio Spinola ed Otcavio  Piccolomini), fiorirono  le fanterie comunali
         e  le  bflnd of profusional solditri (compagnie di ventura),  impostate secondo mette
         analogie organiche con la  legione  romana.
             Ma, faralmenre, la milizia medievale icaliana era destinata -  per la polveriz·
         zazione dei feudi e delle cirrà stato -  a staticizzarsi in una carenza d'evoluzione
         che la  mancanza di un bilancio nazionale unitario per le armi non  le  consentiva
         di superare. Non solo, ma l'impossibilità di  privare le  terre dai  contadini che le
         facevano fruccare per reclutarli nelle famerie feudali,  ponò al mercenarismo este·
         ro, sopracruno dei picchieri svizzeri e ~edeschi i cui Stati d'origine -  a base conca·
         dina  maggiormente  estesa  -  ne  avevano  consenriro  la  costituzione  in  reparti
         professionisti di ottima  efficacia operativa.
             Puallelam.ence al resto d'Europa, quindi l'evoluzione ordinativa dalle compa·
         gaie di ventu.ra -  sufficienti per le  piccole individualità sraruali italiane con pie·
         coli  bilanci  -  ad  eserciti  medio-grandi,  in  lralia  non  si  verificò;  menrre,
         paradossalmente, si verificò invece l" emigrazione deU"arce militare italiana presso
         le grosse entità nazionali unitarie europee (Spagna, Olanda, Impero) attraverso l'e·
         sodo dei nostri maggiori Capitani le cui_ prospettive, .rimanendo essi  in Italia, li
         avrebbero condannati al ruolo margi"nale dl capi-banda, non cerco a quello di con·
         dorueri (comandanti di eserciti o  di frazioni di esercico) al  servizjo di entità che
         potevano permercerseli.
             Ciò non è peraltro da interpretare come carenza di iralianicà o di spiriro na·
         zionale, ammesso che dj spiriro nazionale si  porcsse allora essere intrisi, quanro
         di elevatissima preparazione e professionalità;  requisiti  che inducevano  richieste
         escerne e la cui accerraz.ione significava il superamenco della mortificazione indivi-
         duale -  o il suo antidoto -  e una logica  spinea  all'ambizione di quel  migliora·
         men.ro che soltanto aU"esrero  si poteva compiUtamente rrovare e  realizzare.
             ln sintesi: nel cardo Medioevo in Italia  ~orgooo i canoni che riporteranno il
         pensiero militare e !"arce della guerra da una regressiva involuziooe improntata sul
         monocorde stereotipo della  cavalleria al modello  classico dell'impiego complesso
         e coordinato  di rotte le componenti belliche; l'arciglieria (o  l'arte da gitto) per la
   43   44   45   46   47   48   49   50   51   52   53