Page 83 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
P. 83

a
          1  Sessione - Il tributo di sangue                                      81



          nomeni più caratteristici della prima stagione del conflitto marcando non solo (o
          non tanto) l’entusiasmo per la bella morte quanto il riconoscimento dell’implicita
          giustizia della guerra che si stava per combattere; un dato ben testimoniato dalle
          liste di arruolamenti spontanei nei reggimenti britannici, i cui uffici di recluta-
          mento vennero invasi da centinaia di migliaia di reclute in poche settimane, ma
          anche in eserciti a coscrizione obbligatoria come quello tedesco, che ne reclutò
          300.000 fino alla fine del 1914, o francese, che ne ebbe un decimo nello stesso
          periodo.  In Italia, al contrario, i volontari ebbero poco o nessun rilievo nella
                  65
          conduzione del conflitto. Nonostante l’agiografia nazionalista postbellica abbia
          esaltato gli ardori guerrafondai dei giovani, e nonostante il desiderio di combat-
          tere fosse stato manifestato con veemenza nelle piazze del «maggio radioso»,
          il contributo dei volontari di qualsiasi età all’ultima guerra del Risorgimento fu
          all’atto pratico inesistente: tra 1915 e 1918 il numero totale dei combattenti clas-
          sificati come «volontari per la durata della guerra» fu inferiore agli 11.000.  Era
                                                                               66
          una cifra esigua, che va però imputata soprattutto alla deliberata e capillare poli-
          tica di disincentivo delle Forze Armate e del governo. La prima guerra mondiale
          rappresentò in effetti l’ultima tappa di una pluridecennale lotta condotta dalla
          casta militare contro il volontariato: «i volontari buoni a nulla» era un refrain con
          cui i vecchi ufficiali piemontesi spiegavano i fallimenti delle campagne per l’indi-
          pendenza, e questo disprezzo, cui si aggiungeva il timore dell’inaffidabilità politi-
          ca di molti volontari affascinati dal mito garibaldino, era transitata integralmente
          nell’habitus dei professionisti delle armi del Regno d’Italia.
                                                                67
              Eppure, l’età giolittiana era stato un momento di profondo revival degli entu-
          siasmi civici per la preparazione militare.  I reparti volontari si erano moltiplicati
                                                68
          rapidamente: fino al 1914 si contavano una cinquantina di “battaglioni” studen-



          65   A. Gregory, The Last Great War, cit., pp. 9-40; A. Watson, Enduring the Great War. Combat,
              Morale and Collapse in the German and British Armies, Cambridge University Press, Cambridge
              2008, pp. 44-56; O. Janz, Der Grosse Krieg, Campus, Francoforte sul Meno, 2013, pp. 190-195.
          66   P. Del Negro, L’esercito italiano, cit., tab. 1, p. 10.
          67   A. M. Banti – M. Mondini, Da Novara a Custoza. Culture militari e discorso nazionale tra Risorgi-
              mento e Unità, in W. Barberis (a cura di), Storia d’Italia. Annali, 22, Guerra e pace, Einaudi, Torino
              2002, pp. 417-463.
          68   Cit. in C. Papa, L’Italia giovane dall’Unità al fascismo, Laterza, Roma-Bari 2013, cap. V. Cfr. an-
              che Ead., Volontari della Terza Italia. I battaglioni studenteschi d’età giolittiana, «Rassegna storica del
              Risorgimento», 2004, 5, pp. 547-574.
   78   79   80   81   82   83   84   85   86   87   88