Page 84 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
P. 84

82         Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione




            teschi sparsi in tutta la penisola, costituiti spontaneamente nelle sedi universitarie
            o su iniziativa delle associazioni patriottiche (la Trento e Trieste aveva formato due
            “legioni” studentesche), con circa cinquemila aderenti che si esercitavano periodi-
            camente nelle sedi del Tiro a segno nazionale. I battaglioni studenteschi si affian-
            cavano ad altri reparti volontari: il Corpo nazionale dei volontari ciclisti e automobilisti
            riuniva alcune compagnie di civili, dai 16 ai 50 anni, e nel 1912 si era formato in
            Cadore un Battaglione Volontari Alpini, il cui modello avrebbe poi trovato larga imi-
            tazione anche in altri distretti montani: queste milizie, poste sotto il controllo del
            Ministero ma autonome nella gestione in tempo di pace (gli ufficiali erano eletti),
            avevano segnato un’esperienza nuova nell’Italia unitaria e parevano indicare il
            diffondersi di velleità bellicose anche in segmenti sociali e culturali (come la bor-
            ghesia urbana del nord Italia) tradizionalmente estranei al mestiere delle armi.
                                                                                   69
                Il diffondersi di reparti volontari in età giolittiana non aveva destato parti-
            colari preoccupazioni nell’ambiente militare e di governo: si trattava di piccole
            formazioni, perlopiù affini ideologicamente all’area gradita del nazionalismo, ed
            erano strettamente dipendenti dai rifornimenti e dalla supervisione del Ministero
            della Difesa. Con lo scoppio della guerra, però, la politica nei confronti degli
            ardori giovanili e studenteschi mutò. Poche settimane prima dell’intervento, una
            relazione del Comando Supremo commissionata direttamente da Luigi Cadorna
            convinse il governo dell’inaffidabilità di formazioni volontarie e della loro inu-
            tilità nella guerra di massa che si stava delineando. Il Consiglio dei ministri del
            23 maggio decretò anche formalmente la fine dell’epoca del volontariato risorgi-
            mentale, proibendo la costituzione di un “corpo volontari” autonomo che avreb-
            be dovuto chiamarsi Cacciatori delle Alpi (ad imitazione dell’omonimo corpo di
            Garibaldi senior nel 1859) e limitando l’esistenza di unità formate da volontari alla
            dimensione massima del reggimento (consistenza che comunque non raggiun-
            sero mai); Peppino Garibaldi, che molti vedevano ancora come garante di una
            guerra di popolo sul modello risorgimentale, venne gratificato con il grado di
            colonnello dell’esercito regolare, e militò nella brigata di fanteria Alpi.  Nei fatti,
                                                                            70
            dopo aver arginato la carica entusiastica degli studenti che nel clima di fervore



            69   G. Pécout – P. Dogliani, Il volontariato militare italiano. L’eredità di un’avventura nazionale e interna-
               zionale, in Id. (a cura di), La scelta della patria, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto
               2006, pp. 11-20; L. Sansone, Ugo Piatti e il Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti, in
               Id. (a cura di), Futuristi a Dosso Casina, Mazzotta, Milano 2008, pp. 11-36.
            70   ACS, PS, A5G, Prima guerra mondiale, b. 12, f. 20, s.f. Corpo volontario cacciatori delle Alpi.
   79   80   81   82   83   84   85   86   87   88   89