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84         Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione




            zo dell’insieme era costituito da studenti, e tra i trentini molti avevano addirittura
            meno di 18 anni. La loro esperienza di guerra fu resa tutt’altro che facile dall’o-
            stilità registrata a più riprese tra i commilitoni di leva (che li accusavano di essere
            la causa del conflitto) e dalla condizione di clandestinità in cui si ritrovarono a
            combattere (l’adozione di un nome falso era la norma), sospesi tra il rischio della
            morte in combattimento e quello dell’impiccagione per tradimento se catturati.
               Con la loro mistica della «gran patria ideale» per cui avrebbero dato «volen-
            tieri tutto il sangue», come scrisse il diciottenne Mario Garbari (che si sarebbe
            suicidato due anni più tardi per non cadere prigioniero degli austriaci) i volontari
            irredenti rappresentarono il gruppo combattente che per entusiasmo e deter-
            minazione ricordava più da vicino l’idealtipo del volontario europeo: il dato più
            comunemente accettato di circa 400 caduti tra di loro (uno ogni nove) testimonia
            efficacemente come la convinzione di doversi sacrificare personalmente si fos-
            se realmente tradotto in un olocausto generazionale, un Kindermord dai numeri
            contenuti, ma dal medesimo significato.  D’altra parte, il combattente italiano
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            tra 1915 e 1918 avrebbe avuto solitamente poco in comune con questa motiva-
            tissima minoranza. Privilegi e caso, esigenze della guerra e scelte deliberate del
            Comando supremo avevano finito per identificare molto bene il profilo di un
            soldato che la guerra avrebbe dovuto farla non per scelta ma per forza: sui ven-
            ticinque anni di media, contadino in un caso su due (o bracciante o manovale),
            proveniente perlopiù da una regione settentrionale, sarebbe stato condotto in
            combattimento da un ancor più giovane ufficiale di complemento, magari uno
            studente, un impiegato o un professionista, destinato a morire prima e più fre-
            quentemente dei suoi uomini.
               Fu a questi combattenti che la guerra italiana pretese il sacrificio maggiore.
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               2005, pp. 19-53; A. Quercioli, I volontari trentini nell’Esercito Italiano 1915-1918, Museo storico
               italiano della guerra, Rovereto 2006, pp. 21-46.
            74   L. De Finis – M. Garbari, Morire a vent’anni, Studi trentini di scienze storiche, Trento 1998, p. 176.
            75   Per un approfondimento dei temi qui trattati rimando a M. Mondini, La guerra italiana. Partire,
               raccontare, tornare, Il Mulino, Bologna 2014.
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