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1 Sessione - Il tributo di sangue 77
possibilitati a prestare servizio negli uffici, nei comandi, nelle armi privilegiate
(artiglieria e genio), si concentrassero realmente nei reggimenti di fanteria di li-
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nea, in cui rappresentavano la metà (e forse più) della truppa. «Il modesto arti-
sta della zappa» come avrebbe scritto Arturo Marpicati (a sua volta un ufficiale
veterano di fanteria, prima di divenire pubblicista di punta del fascismo) era colui
che invariabilmente restava nei ranghi della fanteria di linea a farsi massacrare: «lo
sterratore siciliano, calabrese, lombardo, il lavoratore troppo sovente analfabeta,
tornato dalle Americhe o da altre regioni lontane». Si spiega così un’incidenza
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di perdite molto alta, benché i frammentari dati esistenti invitino alla prudenza
rispetto alla vulgata di una guerra percepita come olocausto dei contadini: tra i
10.000 caduti della provincia di Bologna, un distretto dove l’agricoltura rappre-
sentava una buona parte dell’attività produttiva, i contadini censiti erano poco
più di tremila, pari ai manovali e operai a giornata, al contrario tra i residenti
nella regione Lazio morti in guerra (circa 18.000) i lavoratori delle campagne
erano quasi il 60%. D’altra parte, una forte partecipazione della popolazione
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rurale alla mobilitazione e una sua sovra-rappresentazione nelle masse di fanteria
non fu affatto una peculiarità italiana: i contadini in uniforme furono una parte
preponderante di tutte le armate europee, in proporzioni più o meno esorbitanti
(il 43% nell’esercito mobilitato francese, il 30% in quello tedeschi e solo il 12%
tra i britannici). Tra i circa 60.000 trentini arruolati nell’esercito imperial-regio
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(fondamentalmente nei 4 reggimenti Kaiser-Jäger, di cui formavano il 40% della
forza di leva) gli agricoltori erano una componente prioritaria, insieme ad una
50 Ministero per l’Assistenza Militare e le pensioni di guerra, L’assistenza di guerra in Italia. Terza
conferenza per la protezione degli invalidi, Poligrafica, Roma 1919, pp. 570-581, dove si indica in
49% la percentuale di idonei mobilitati provenienti dal settore dell’agricoltura, in 52% la
percentuale nell’esercito operante e in 47% quella tra i mobilitati alla fine della guerra.
51 A. Marpicati, La proletaria. Saggi sulla psicologia delle masse combattenti, Bemporad, Firenze
1920, p. 10.
52 Cfr. I morti della provincia di Bologna, cit., tav. XL, p. 881 e Il decennale, cit., p. 17. La frammenta-
rietà dei dati disponibili deriva dall’assenza di indicazioni professionali nell’unico censimento
nazionale dei caduti esistente, i ventotto volumi della collana Militari caduti nella guerra nazio-
nale 1915-1918. Albo d’oro [d’ora in avanti AO], Provveditorato generale dello Stato, Roma
1927-1962. Con le successive integrazioni e aggiornamenti, la serie AO registra 542.487 ca-
duti (tra cui 11.318 trentini), una cifra comunque inferiore al dato presunto accettato media-
mente dalla storiografia (650.000, comprensivi dei deceduti in prigionia).
53 P. Barral, Les campagnes, in Encyclopédie de la Grande Guerre 1914-1918, cit., pp. 651-664.