Page 33 - Le Forze Armate. Dalla scelta repubblicana alla partecipazione atlantica - Atti 27 novembre 1997
P. 33
STATO, NAZIONE, FORZE ARMATE ALLE ORIGI'II DELL'ITALIA REPUBBLICANA 21
impuro patriottismo, se si vuole scongiurare il pericolo di una ricaduta nella vita
politica delle sfere di influenza, dell'equilibrio, delle alleanze a due o delle intese
a quattro e convincersi alfine che si può rimanere buoni patrioti anche accettando
per la patria l'obbedienza ad una superiore disciplina internazionale, C3 7 ). L'esi-
stenza "nel piccolo continente europeo di numerosi Stati indipendenti e sovrani,
costituiva .. un anacronismo ancora più strano di quello che rappresentavano le
piccole baronie feudali allorché gli Stati moderni cominciarono a coagularsi intor-
no ai sovrani dopo il medioevo", scriveva un ufficiale nel dicembre 1945 C3S)_
La prospettiva ideale entro la quale la cultura militare, negli anni fra il 1945
e il 1947, rielabora la propria concezione della Nazione e dello Stato nazionale
appare chiaramente orientata verso la condanna di ogni atteggiamento esclusiva-
mente nazionalista. "Non possiamo più ormai credere d'essere cittadini d'un solo
paese: la cultura, il progresso e la stessa ultima guerra dimostrano come del tutto
artificiali siano le barriere fra Nazione e Nazione e come anche vuoto ed ormai
sorpassato sia questo concetto di Nazione, che tende a rendere gli uomini schiavi
di tradizioni e di ideali, spesso esagerati e svisati che, innestati nell'animo ancora
fanciullo, impediscono poi di considerare equamente ed obiettivamente una gran-
de verità: che l'uomo è stato creato da Dio cittadino del mondo e non di una Nazione
particolare, C39).
Queste dichiarazioni di condanna del nazionalismo e di ripudio della politica
dominata dall'esclusivo principio dello Stato nazionale, erano tuttavia congiunte
ad una visione comunque realistica della situazione internazionale, nella prospet-
tiva ritenuta tutt'altro che immaginaria e remota, del pericolo di nuovi conflitti
armati o di una terza guerr~. mondiale. Fin dal 1945, nella pubblicistica militare
veniva prefigurato uno scenario mondiale dominato dalla divisione fra due bloc-
chi, dominati dalle grandi potenze, attorniate dagli altri Stati come satelliti. Già nel
maggio 1945, la "Rivista Marittima" manifestava il timore che "il principio della col-
laborazione fra i tre Grandi affermato a Yalta altro non sia che una platonica af-
fermazione diplomatica e che il giuoco degli egoismi nazionali, riprendendo il
sopravvento, conduca alla rottura di quell'armonia tra le tre grandi Potenze che ha
loro consentito di condurre a vittoriosa conclusione la guerra e dalla cui esistenza
i popoli ritengono dipenda la pace nel mondo, C 40 ). E con altrettanto realismo, la
"Rivista Marittima" alla fine del 1946, di fronte ai nuovi orientamenti della politica
internazionale, osservava che "le nazioni non sono che associazioni di uomini e
come l'uomo - per rimanere fedeli alla verità - difficilmente è disposto a dividere
cristianamente ciò che possiede con il meno abbiente ed è renitente a riconoscere
i diritti altrui, quando dovesse ridurre i suoi beni o il suo prestigio così, difficil-
mente, le nazioni più potenti saranno disposte a cedere parte delle loro materie
prime o dei privilegi, anche se parassitari, a popoli più poveri. .. Ora è sterile ri-
cercare se questo atteggiamento spirituale sia giusto o ingiusto. Ciò che vale, di
fronte all'irrimecliabile e in simili contingenze, specialmente per gli uomini di
governo, è quello che è e non quello che avrebbe dovuto o potuto essere, C 4 U.