Page 125 - Adriatico 1848. Ricerca e significato della contrapposizione marittima - Atti 25 settembre 1998
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Allegato 4
Dal volume di D. Guerrini Come et avviammo a Lissa
(pag. 124 -132)
Ed ora è da parlare alquanto distesamente di un episodio, nel quale cam-
peggia la figura del Persano, allegando prima un brano del discorso dell'avvo-
cato Giacosa, difensore del Persano nel 1867.
14. " ... Nel 1848 la squadra italiana ... si trovava a Venezia; comandante d'un brigan-
tino, il Daino, era il conte di Persano. Un giorno il suo comandante gli dà ordine
di recarsi a fare esercizi di bersaglio: esce e, costeggiando la foce della Livenza,
trova che il miglior bersaglio erano le fortezze nemiche; quincli si abbozza in vi-
cinanza grandissima del forte Caorle, lo cannoneggia e vi rimane finché il fuoco
nemico non è cessato e che una palla di cannone non gli ha forata la chiglia ciel
brigantino ... (P"., 262)".
Come ho detto poc'anzi, il forte costiero di Caorle fu attaccato dai Sardo-
veneti il 2 giugno (1). L'Albini affidò la piccola impresa al Villarey, comandante
della Bero/do, e gli diede per compierla anche le due pirocorvette, sei canno-
niere vene te e sei Pimghe cariche di soldati veneti da sbarcare se il successo fos-
se felice. Il Villarey andò: come il forte ebbe principiato a trarre cannonate e la
Tripoli del bravo Di Negro ne ebbe ricambiata qualcuna, il Villarey giudicò che
il mare fosse troppo grosso e comandò la ritirata. Per questa pmdenza che par-
ve, e fu, sicuramente eccessiva, al Villarey fu tolto il comando (2): alla squadret-
ta sarda fu tolta l'occasione di acquistare una tradizione di gloria.
Dieci giorni dopo, navigando solo, dalle acque di Trieste a Venezia (dirò
poi il motivo della navigazione), il Persano passò col Daino in vista del forte di
Caorle: gli venne allora l'idea di ritentare col brigantino l'impresa che la fregata,
le due pirocorvette e le sei cannoniere non avevano saputo compiere.
Come andasse il tentativo fu ampiamente narrato dal Persano in un rap-
porto del giorno 15 giugno all'Albini.
15. " ... Vengo cii ancorare alla fonda detta dei Giardini. Ho avuto appena il tempo di
fare le visite di dovere ...
Il giorno 12 corrente (3) volendo esercitare il mio equipaggio al bersaglio col can-
none, pensai non esselvi meglio che il farlo tirare su di un forte nemico. Il forte di
Caorle sul quale mi portava la bordata mi veniva in proposito.
Avvicinatomi al tiro in bianco delle mie carronade (quattro gomene in 19 piedi
d'acqua), il forte nù lanciò una palla che venne a battere e penetrare a quattro
pollici circa sotto la linea di galleggiamento della guancia proviera di sinistra; spie-
gai allora il piccolo pavese nazionale, ed abbozzatomi da presentare il mio tra-
verso al forte che doveva servire di mira d'esercizio alla mia gente, aprii il fuoco
della mia batteria, ecl in meno cii 40 minuti, con soli 7 pezzi, eransi cii già lancia-
te, e bene, da 100 palle; quando il lO lenente venne a ra pportarmi che si faceva
acqua, e molta, gli risposi cii cattivo piglio, ma egli giustamente mi osservò che
era suo dovere l'avvertirmene (4). Bisognava dunque riprendere il largo per non
restare inoperosi cii segno al nemico che poteva ripre,ndere il fuoco già cessato. In
conseguenza filai per occhio gli ormeggi C5), e mi portai ad ancorare fuori tiro.