Page 28 - Adriatico 1848. Ricerca e significato della contrapposizione marittima - Atti 25 settembre 1998
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           in  ritardo  sui tempi del  conflitto  ma  tuttavia  affrettata,  pose al  governo sardo  la
           necessità  di  definire  gli  obiettivi  della  campagna  in  Adriatico.  Purtroppo,  le  in-
           dicazioni  non furono  né  chiare,  né coerenti,  né complete.
               Dapprima il presidente del Consiglio e ministro ad interim della Marina scris-
          se,  il 29  marzo,  al  principe Eugenio  di  Savoia-Carignano,  Comandante generale
          della  Marina,  "che,  incontrando  legni  da  guerra  con  bandiera  austriaca,  si  avrà
          prima di  tutto ad innalzare all'albero di maestra la bandiera tricolore italiana, con
          lo  stemma  dei  Savoia  in  mezzo,  lasciando  pure  inalberata  la  nazionale  azzurra
          al  solito suo posto a poppa,  e che non si  dovrà passare ad atti ostili se non do-
          po  essere  stati  provocati.  Incontrando  bastimenti  mercantili  con  bandiera  au-
          striaca, i comandanti dei nostri legni alzeranno bensì la bandiera tricolore italiana
           qual segno di unione di  tutti gli  Italiani,  ma  li  lasceranno liberamente navigare".
           E il  20  aprile  il  console  sardo  di  Venezia  pubblicava  un dispaccio  governativo
           che  indicava  per le  navi  da  guerra sarde il compito  di  dare protezione ed assi-
          stenza alla  marina  mercantile  nazionale  contro  eventuali  aggressioni  di  navi  au-
          striache o corsare. Quindi, nessuna iniziativa aggressiva e libertà d'azione limitata
           alla  difesa.
               Ma  lo  stesso  giorno  Cesare  Balbo  trasmise  all'Albini  nuove  istruzioni  se-
           grete: "Esiste nei porti di Trieste e di Pola una notta rimasta in potere dell' Austria.
           Questa  flotta  deve  essere  tratta  in  nostro  potere  o  distrutta.  Raccolte  senza  in-
           dugio  le  necessarie  informazioni,  Ella  muoverà  direttamente  per  impadronirsi
          della  flotta  nemica,  e  non  potendolo,  per  distruggerla...  Ad  ogni  modo  il  go-
          verno  aspetta  dalla  squadra  la  cattura  o  la  distruzione  della  flotta  nemica  e  cii
          tutti  i legni da guerra dell'Austria,  la  padronanza dell'Adriatico  per la  libertà clel-
          le  operazioni che si  volessero  eseguire".
               I concetti  che  emergono da queste  istruzioni  appaiono validi,  sia  nelle  lo-
           ro  indicazioni di  l'ando,  sia nella successione temporale.  Il  Bernotti,  teorizzando
           nel  1935  sul dominio  del  mare,  sintetizza così gli  obiettivi della Marina:  "In pri-
           mo tempo,  conquistare il dominio del  mare;  in secondo  felnpo,  sfruttare il  domi-
           nio  del  mare  nei  mocli  richiesti  dall'andamento  della  guerra" (2).  Si  può  quincli
           ritenere che "la visione giusta dell'impiego clelia !lotta,  il governo di Torino l'ave-
          va  ed era esatta,  netta ed efficace,  perché conformemente ai  canoni strategici,  la
          flotta  sarda  doveva  per  prima  distruggere  il  nemico  e  poi  operare  liberamente
           per conquistare gli  obiettivi cii  guerra.  La  cattura o la  distruzione clelia  notta  ne-
           mica  era concepita come prologo per sgomberare  il mare  da  ogni ostacolo" (3).
               Nelle pur valide istruzioni del Balbo non si rintraccia alcun cenno clelle ope-
           razioni  successive al  conseguimento del  dominio  del  mare e il primo  motivo  di
           questa  mancanza  era  che  il  governo  non aveva  in  mente  nulla.  Salvo,  come si
           è  detto,  che portare soccorso a  Venezia  e,  l'arse,  trattenere  nella  zona  giuliana
           l'arze  che sarebbero state sottratte al  fronte.
               Le  istruzioni segrete dicevano che l'Albini doveva agire "direttamente", cioè
           immediatamente, senza perdere tempo. Lo avrebbe ancora apprezzato il Bernotti
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